Una possibilità dell’uomo, non solo, d’adattarsi come sistema agli stimoli esterni. L’allenamento visto come la gestione di questi adattamenti.
Introduzione
In ogni momento il sistema biologico in condizioni normali è un equilibrio tra le possibilità genetiche e le richieste dell’ambiente. Le richieste dell’ambiente sul uomo come specie sono principalmente motorie. Questo livello funzionale è denominato omeostasi. La condizione non è rigidamente determinata ma oscilla intorno ad un punto medio che il sistema tenta in ogni modo di mantenere. Se l’ambiente fa richieste superiori alla norma e lo fa ripetutamente ed all’interno della capacità di risposta, il livello viene innalzato in accordo alle richieste. Se lo stimolo si ripete in maniera monotona il livello si stabilizza ed ogni incremento è negato. Di contro se lo stimolo viene a mancare si ridiscende ai livelli precedenti. Questa possibilità è comune alla vita organica ed i cambiamenti avvengono in seguito agli stimoli. Anche se gli stimoli esterni adeguati promuovono un condizionamento generale, interessano in modo specifico il meccanismo o tessuto sul quale lo stimolo ha richiesto l’intervento; la stessa risposta da parte dell’organismo è diversa nei tempi e nei modi, a seconda di cosa (tipo di organo bersaglio) sia stato messo sotto “stress” dal tipo di lavoro.
La gestione dei fattori che caratterizzano una singola seduta di resistance training ( RT) se ben condotta è in grado di determinare l’ampiezza e l’intensità degli stimoli che condizionano il sistema nervoso, il muscolare, il sistema ormonale.
Il non allenato ha una omeostasi a livelli di una richiesta assai bassa come risposta ad uno stile di vita assai originale se si paragona alle richieste ambientali alle quali l’uomo è stato sottoposto nei secoli passati e sulle quali è stato adattato dalla evoluzione. L’evoluzione culturale ha permesso di ridurre la fatica fisica quasi a zero, fattore certamente positivo per alcuni aspetti, ma produce stimoli insufficienti per un adattamento omeostatico funzionale generando condizioni non idonee al mantenimento di uno stato di benessere e salute. Il mondo occidentale sta facendo i conti con questa condizione di ipocinesia. La ricerca ci viene in aiuto
Poiché l’attività fisica naturale tende a diminuire sostanzialmente con l’avanzare dell’età a partire dagli anni 40 molte delle disfunzioni possono essere collegate alla ridotta attività fisica quando si studiano i cambiamenti permanenti nelle funzioni fisiologiche.
Nella trasmissione del giorno 9/12/21 il telegiornale della Scienza e dell’Ambiente di Rai 3 (visualizzabile in leonardo@rai.it) viene data la notizia che l’Università di Stanford con la collaborazione dell’Ateneo di Bologna ha portato a termine una osservazione di grande interesse su 4.000 volontari riguardante “le età” della vita dell’uomo. Analizzando il proteoma costituito da 1400 proteine, la ricerca ha rilevato che 373 di queste subiscono bruschi cambiamenti funzionali in tre età ben definite: 34 anni, 60 anni , 78 anni. Fig 1 .
La riduzione della motilità che sia causa o effetto è di relativo interesse. E’ importante che che il movimento sia identificato come fattore chiave. E’ importante quindi per l’uomo recuperare una quantità di movimento che mantenga elevato per il maggior tempo possibile l’omeostasi o se vogliamo il livello del proteoma essendo questo in parte adattabile. Con molta probabilità questo non dipende soltanto dalla età ma la ridotta quantità di movimento aggiunge del suo ed è la variabile sulla quale possiamo intervenire in positivo.
Cosa intendiamo per Allenamento
La popolazione occidentale prolunga fortunatamente la sua vita. Purtroppo la prolunga nella sua fase finale ovvero nella terza e quarta età. E’ in queste fasi che le disfunzioni evolvono in patologie. L’OMS suggerisce un incremento del moto, ed organizzazioni tecnicamente più specifiche come l’American College of Sports Medicine (ACSM) ne hanno stabilito più precisamente i contenuti. Siamo stati abituati da tempo a visualizzare l’effetto di un lavoro organizzato come un carico esterno che determina una destabilizzazione dell’omeostasi. L’andamento molto succintamente è stato così immaginato. Fig. 2.2A Fig.2 <35 ; 2A progressivamente negli over.
In A il livello della omeostasi all’inizio della seduta di formazione.
In B la rottura dell’equilibrio omeostatico (carico interno (carico interno del lavoro svolto (carico esterno).
In C il recupero energetico e in parte strutturale.
In D supercompensazione se B e C sono adeguati. Se non interviene in questo lasso di tempo un altro carico esterno adeguato l’equilibrio torna ad un livello precedente, E = A.
L’ immagine Fig.2A mostra come il tempo di recupero c sia più lento negli over quindi bisognoso di recuperi più ampi ovvero ridotte unità di formazione settimanali. Anche negli allenati se il loro carico esterno è monotono, la super- compensazione, area D, si riduce di molto e questo viene percepito come mancanza di ulteriori progressi. Questo vuol dire che ciclicamente il sistema dovrà essere sottoposto ad una variazione del sovraccarico intendendo con questo quello visualizzato alla lettera B. Incremento del carico esterno per incrementare il carico interno ovvero la rottura della omeostasi stimolando una supercompensazione. Questo incremento non necessariamente dovrà essere la quantità di lavoro dentro la serie o dentro l’esercizio ma si può ottenere con la manipolazione razionale di una delle variabili che compongono il carico ( n. Esercizi, n. Serie, n. Ripetizioni, Rest tra le serie, Recuperi tra le unità di formazione, velocità di contrazione, ecc.).
Quanto?
In Fig.1 è evidente l’incremento del “proteoma”, la maggior parte si tratta di enzimi, in età precedenti ai 35 anni e la loro riduzioni nelle età successive quindi la caduta delle funzioni verificate. Tra queste è più che evidente la funzione di recupero dal carico. La supercompensazione si riduce con l’età da Fig.A a Fig.2A. Una delle soluzioni adottabili è quella di ridurre il carico settimanale riducendo le sedute di allenamento da tre a due. Se il nostro cliente, euforico dei progressi insistesse su tre, la terza potrebbe avere la forma di una seduta più specifica per attività aerobiche, di equilibrio, di mobilizzazione e lavoro sul “core” meno caricanti. L’andamento delle principali variabili della condizione in conseguenza ad un carico di resistance training è descritto nelle curve proposte dal fisiologo Sale. Fig. 3
La forza incrementa nei principianti a tutte le età con un andamento in % notevole. Questo perché l’incremento non dipende da adattamenti strutturali, almeno nel breve periodo ma a funzionali, primi dei quali la sincronizzazione delle unità motorie e la funzionalità interna delle singole miofibre. Dato che l’unità di misura del carico è il lavoro dentro la serie, ovvero: Lavoro= ( Forza x n. di ripetizioni).
La possibilità di resistenze più consistenti porta in conseguenza un incremento del lavoro che si trasforma in incremento del carico interno, un nuovo livello di destabilizzazione dell’omeostasi quindi un inedito sovraccarico per il principiante. Questo è verificabile a tutte le età. Ma le capacità di recupero del carico interno è progressivamente più lento negli “over-anta” quindi si dovrà fare attenzione sia all’incremento di carico sia ai tempi di recupero Fig. 2A.
Qualche ipotesi
La Fig.4 di Wilmore e Costil mostra per altre vie ancora la verità in immagine 1. Le due curve mostra- no la riduzione della forza in allenati e no, misurata nell’esercizio leg-extension. Qualsiasi età abbia il nostro cliente principiante è evidente il ridotto livello di forza rispetto al pari età dell’allenato.
Tenendo conto dell’immagine in fig.3 avremo comunque un incremento. Quindi la forza del principiante tenderà ad uscire dall’andamento della curva in rosso di Fig.4 per approssimarsi alla curva in azzurro. L’inclinazione della curva, se il periodo di formazione ne darà la possibilità, darà al 70enne i livelli del 60enne e via dicendo. È questo il beneficio primario individualmente verificale che sarà la prima evidenza positiva. E’ anche chiaro che la supercompensazione negli anta è ridotta e sopra i 60enni è più realistico parlare di compensazione o di recupero della “super” se non in limitata quantità. L’incremento della forza oltre ad un incremento del carico negli esercizi con conseguente ipertrofia muscolare, porterà con se un incremento della mobilità nella vita di relazione, il reale beneficio, quindi un incremento extra programma del carico. Il beneficio sarà per tutto i sistemi-uomo e specificatamente nell’apparato muscolare con l’incremento dell’ipertrofia con un recupero della Ipotrofia e nelle età avanzate della Sarcopenia fig.3.
Conclusione
A tutte le età un programma organizzato di resistance training porta benefici sia nelle possibilità motorie di base sia nelle più ampie funzionali, sia nell’innalzare e stabilizzare il livello omeostatico. Tutto questo grazie alle possibilità del sistema di rispondere ad un carico esterno con un processo in leggera e momentanea eccedenza che chiamiamo “supercompensazione”. Rimane essenziale la necessaria competenza del PT nel saper gestire al meglio le principali variabili del programma e la giusta alternanza stimolo/recupero.
Buon lavoro.
Filippo Massaroni, Docente di discipline scientifiche presso gli Istituti Statali e la Facoltà di Scienze Motorie di Tor Vergata (Roma)