L’attuale stile di vita, stressante ma sedentario per le tante comodità di cui si dispone, induce la maggior parte delle persone ad utilizzare al minimo le loro capacità respiratorie. Nel corso di una indagine campione, eseguita con lo spirometro, si è rilevato, infatti, come molti di noi scambiano, durante l’atto respiratorio, soltanto 500 cm3. di ossigeno. Una quantità senz’altro modesta se paragonata alla capacità polmonare che va dai 3.500 ai 4.500 cm3. Questa limitata quantità di ossigeno ha un effetto catabolico sulla funzionalità psico-fisica poiché, quando il sangue e privo di un adeguato ricambio, il corpo diventa facile preda delle malattie.
Se in aggiunta allo scarso lavoro polmonare si sommano altri fattori negativi, come l’inquinamento atmosferico o da fumo, ecco che, specialmente per l’uomo inurbato, diventa alquanto difficile attuare una sana respirazione.
Secondo la più moderna scienza biologica (peraltro di qualche millennio in ritardo rispetto alle osservazioni avanzate dagli antichi yogi) nell’aria, oltre all’ossigeno, il biossido di carbonio, l’idrogeno, ecc., sono presenti anche energie elettriche provenienti dal cosmo e indispensabili alla vita. Gli yogi definivano prana la somma di tutte le energie contenute nell’universo. Da qui nacque il “pranayama” cioè quella pratica della respirazione che permette di distribuire nel nostro corpo le energie contenute nell’Universo.
Tra queste, le più importanti sono rappresentate dai “ioni negativi”.
Questa dottrina ci spiega come nel nostro corpo esista un vero e proprio metabolismo dell’elettricità che funziona attingendo ioni dall’atmosfera per poi espellerli, dopo averli utilizzati, attraverso la pelle. Più questo metabolismo è attivo, più l`uomo è vitale e in buona salute.
Sempre secondo lo yoga, la sorgente principale di questi ioni negativi dagli effetti vitalizzanti e costituita dalle onde elettromagnetiche provenienti dal sole; mentre un`altra fonte di energia ci proviene dai raggi cosmici. Ulteriori quantità di ioni vengono altresì prodotte dai movimenti delle grandi masse d’acqua, che tendono all’evaporazione per l’azione del sole, e dalle correnti d’aria che spostano le masse nuvolose.
Il mare rappresenta la massima concentrazione di questa vitalizzante forma di ionizzazione. Infatti, le sue grandi masse d’acqua in perenne movimento, il massiccio fenomeno dell’evaporazione, l’azione del vento e la forte concentrazione di raggi cosmici sono tutti elementi che contribuiscono a formare un vero e proprio “campo di prana” talmente intenso che talune persone particolarmente sensibili, incapaci di assorbire e ripartire questo abbondante flusso di energie, diventano nervose e irritabili tanto da soffrire d’insonnia.
Gli yogi affermano che la montagna, come il mare, e senz’altro una grande fonte di energia. Alcuni dei loro studi rilevano altresì come il valore del prana sia soggetto a variazioni ambientali, stagionali e geografiche. Niente di più probabile visto che anche la nostra scienza ritiene che la polvere, il fumo, la nebbia, lo smog, ma anche l’aria condizionata, siano in grado di incidere significativamente sulle resistenze dell’organismo umano. Non sempre però ci rendiamo conto di questi inconvenienti o ancor peggio sottovalutiamo l’importanza del problema. Si verifica così l’assurdo che l’uomo, pur essendo fornito di un sistema respiratorio validissimo, respira male senza prendere coscienza delle potenzialità di questo meccanismo capace di regolare perfettamente tutti i sistemi del suo corpo dai quali dipende certamente anche il controllo della mente. In sintesi, una respirazione completa, lenta e profonda, che coinvolga l’addome, il torace e le spalle, provoca un effetto positivo sul sistema nervoso mentre il diaframma, impegnato in un movimento ritmico, esercita un massaggio salutare su tutti gli organi principali stimolandone l’attività.
In conclusione si può tranquillamente convenire con lo yoga che definisce il respiro “il soffio vitale mediante il quale il corpo si collega con l’energia cosmica integrandosi nell`universo”.
LA RESPIRAZIONE A QUATTRO TEMPI DEL PRANAYAMA
L’arte, o la scienza, del pranayama prevede la pratica della respirazione in quattro tempi. Durante la fase iniziale è consigliabile compiere le varie tecniche separatamente come descritte in queste pagine. ln seguito, tuttavia, si dovrà tendere alla fusione delle stesse compiendo un atto respiratorio unico.
Durante la inspirazione, che costituisce la fase più complessa di tutta la respirazione, si deve concentrare l’attenzione sul fatto che si sta introducendo aria ed energia nell’organismo mentre, durante l’espirazione, è utile pensare che si stanno espellendo tossine ed altre particelle negative.
- ESPIRAZIONE: espellere l’aria molto lentamente. Rilassare le spalle e il torace, aiutandosi nella fase finale mediante una progressiva contrazione dell’addome.
- RITENZIONE: rimanendo immobili ritenere il respiro a polmoni vuoti, per circa 2-3 secondi.
- INSPIRAZIONE: è l’operazione più complessa come dimostriamo nel riquadro a sinistra e perciò viene suddivisa in tre fasi: addominale, toracica, clavicolare
- RITENZIONE: terminato il terzo tempo dell’inspirazione ritenere il respiro a polmoni pieni per 2-3 secondi per migliorare gli scambi gassosi. Riprendere poi la fase d’espirazione.
La tecnica
Inspirazione addominale
Inspirare in modo lento, a narici leggermente allargate come per annusare. Accompagnare l’aria nella parte più bassa dei polmoni in modo da gonfiare l’addome. Abbassare il diaframma per favorire l’entrata dell’aria e premere sui viscerí allo scopo di massaggiare il plesso solare.
Inspirazione toracica
Completata la fase addominale, tendere alla espansione costale ampliando il più possibile la cassa toracica in modo da sollevare lo sterno per ottenere la massima apertura dei polmoni.
Inspirazione clavicolare
Sollevando le clavicole e sviluppando una leggera trazione delle spalle verso l’alto e in avanti, immettere l’aria con l’intento di inviarla agli apici polmonari
IMPARIAMO A CONTROLLARE IL RESPIRO CON IL PRANAYAMA
Avete mai provato a pensare che il ritmo del nostro respiro riflette le condizioni del nostro stato d’animo? Infatti, quando siamo tesi ed in ansia per qualcosa, il respiro tende a farsi corto dandoci la sensazione di aver fame d’aria; mentre, se siamo tranquilli e sereni, il nostro respiro è calmo e rilassato. La respirazione è, dunque, in stretta relazione con i vari momenti della vita e, di conseguenza, modificando il respiro, possiamo controllare alcuni modelli, o meglio vizi di comportamento che si instaurano di fronte a particolari situazioni come appunto quelle di stress o di disagio emotivo. La possibilità di modificare il ritmo e l’intensità del nostro respiro è un concetto relativamente nuovo per noi occidentali. Queste tecniche ci vengono trasmesse dall’oriente dai maestri yogi, che conoscono i sistemi per porre sotto il controllo della volontà molte funzioni “involontarie” come il battito cardiaco, la temperatura corporea e la respirazione.
Un applicazione del “pranayama”, ovvero delle metodiche di educazione e pratica del respiro, è diventata ormai piuttosto comune anche nella nostra civiltà, sia in ambito terapeutico, per le patologie psicosomatiche, sia in ambito sportivo dove si utilizza come tecnica di rilassamento per atleti ansiosi e particolarmente emotivi in stato di pre gara. E’ risaputo, infatti, che la competizione rappresenta per l’atleta un momento stressante che implica una massiccia risposta del sistema nervoso vegetativo. Questa parte del sistema nervoso interviene in modo più o meno marcato in tutte le risposte emozionali.
Una eccessiva attivazione del sistema nervoso vegetativo può comportare conseguenze pericolose per un buon rendimento in gara di un atleta: aumenta la tensione muscolare, respiro corto ed affannoso, fame d’aria, incremento del battito cardiaco, tutti elementi negativi per l’ottenimento di un buon risultato agonistico. Gli esercizi di educazione del respiro, come il pranayama, inseriti in un programma che preveda anche l’applicazione di altre tecniche di rilassamento, diventano utili all’atleta per raggiungere un buon stato psico-fisico pre gara ritrovando il necessario stato di concentrazione. ll pranayama ha, dunque, verosimilmente, un effetto diretto sul nostro sistema nervoso vegetativo e le relative modificazioni biochimiche. La scienza ha, tra l’altro, dimostrato che il controllo volontario del respiro aumenta la capacità di concentrazione spesso compromessa da un eccessivo stato di tensione emotiva.
Probabilmente, una più corretta e completa comprensione delle influenze delle variabili psicologiche sulla respirazione ci illuminerà meglio sui potenziali vantaggi di una adeguata educazione respiratoria. Per ora è essenziale sapere che “prendere un profondo respiro” non e solo un gesto simbolico, ma rappresenta un sistema efficace per combattere lo stress e riacquistare una serenità ed una lucidità inizialmente temporanee, ma che potranno diventare durature praticando il pranayama.
IL RESPIRO QUADRATO
Questo tipo di respirazione, chiamato appunto quadrato per l’uguale lunghezza dei quattro tempi che lo compongono, ha dato ottimi risultati nella lotta antistress.
E’ possibile eseguirlo autonomamente concentrandosi sul respiro e seguendo questo schema:
- inspirazione ( 7″)
- pausa (7 “)
- espirazione ( 7 “)
- pausa (7″)