Ormone della crescita e lattato: focus sull’allenamento contro la sarcopenia
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha sottolineato una forte correlazione tra la produzione di lattato e l'aumento dei livelli…
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Purtroppo, in molti casi si confonde la forza e il suo allenamento con la figura mitologica di Milone di Crotone…
I nostri antenati erano più forti e attivi: avere un fisico forte era vitale per sopravvivere, poi la sedentarietà…
Fra i mezzi per allenare la forza, mantenere uno stato di fitness, riprendere ad allenarsi dopo un infortunio o un…
La morte improvvisa è la prima causa in un terzo di coloro che soffrono di malattie cardiache. Si definisce morte…
Il corpo umano è una macchina perfetta. Sentiamo ormai questa espressione da tanto tempo e forse sarebbe anche il momento di contestare questo assunto che, probabilmente, non rende abbastanza giustizia alla magnificenza di quello che realmente siamo. Il corpo umano è una struttura che ospita un’anima ed una biologia estremamente complessi ma che lungi è dall’essere perfetto. Se così fosse non dovrebbe deteriorare perché il concetto stesso di perfezione si riferisce a qualcosa che è senza difetti e non suscettibile di miglioramenti. Invece sappiamo che l’unicità di ognuno di noi è proprio nelle imperfezioni e nel fatto che possiamo sempre migliorarci. Se fossimo perfetti non avremmo dovuto sforzarci di trovare, negli anni di evoluzione, in milioni di anni di vita, il modo per contrastare gli effetti del tempo. È proprio questa imperfezione che ci costringe ogni giorno a migliorarci o almeno così dovrebbe essere. Tuttavia allo stato attuale questa straordinaria “macchina” non è ancora riuscita ad adattarsi all’inevitabile decadenza biologica del tempo. Forse la sua “perfezione” risiede proprio nel fatto che è così intelligente che se anche potesse scegliere non resterebbe sulla Terra per sempre e ciò è dettato da un delicato equilibrio che mantiene il sistema vita in una condizione ben bilanciata. Tuttavia nessuno raffronta i dettami della Natura ma quanto meno vogliamo assaporare l’idea di andarcene senza soffrire. Spegnersi lentamente senza decadere. Il desiderio comune di tutti è quello di rallentare gradualmente fi no a chiudere gli occhi circondato dagli amori e dagli affetti di sempre.
“Faccia attività fisica” è la generica indicazione che moltissimi medici danno ai loro pazienti. In realtà è un consiglio, non una prescrizione: per trovarla infatti bisogna gravitare nel mondo della riabilitazione, dove ai pazienti vengono indicate le attività specifiche per il recupero funzionale, i tipi delle stesse, i tempi di esecuzione e di recupero. Siamo però nel campo della patologia e resta a discrezione del soggetto che cosa fare nell’ambito della normale vita quotidiana. Lo diciamo sottovoce, ma chi mi conosce sa da quanto tempo lo vado affermando, che il corso di laurea in medicina non prepara i neo laureati nell’ambito dell’attività fisica specifica riferita alle varie classi di età. Va fatta una premessa metodologica: l’attività fisica “generale” è compatibile con il gioco dei bambini, con l’andare a fare la spesa, con il salire le scale non usufruendo dell’ascensore, nel fare le faccende domestiche. Nel momento in cui tale attività si trasforma in esercizio si innesca un meccanismo di controllo, di ripetibilità, di sicurezza e di specificità rispetto all’individuo e all’ambiente che lo circonda. Insomma, si instaura il concetto di “metodologia” che deve essere indicato da personale esperto. Facendo un ulteriore salto di qualità si arriva all’allenamento, che è la progressione di diversi tipi di esercizio con finalità precise che ha insito in sé il concetto di benessere e di adattamento, cioè la capacità del nostro corpo di migliorare la risposta cardio-polmonare e muscolo-articolare al percorso allenante. Tanto più questo step deve essere condotto da personale molto esperto e non si può sicuramente improvvisare o delegare ad un tutorial su Youtube.