Competizioni Bikini. Oltre la superficie dell’evento. Intervista a Margherita Todeschini e Rudina Marra.

“Per chi non ha mai assistito a una gara di bikini femminile e body building maschile dal backstage perde un’esperienza che galleggerebbe tra stupore e curiosità per quella che è una tribù dal forte senso di appartenenza.
E’ uno sport dove regna il cameratismo e che parla la lingua silenziosa della condivisione del senso del sacrificio.
“.

 

Percorso il corridoio di transizione, il backstage di una gara di bikini e body building è un’apnea in un mondo parallelo dove lo spazio è incartato in un’aria surreale.
Lo sguardo si apre su un set cinematografico infittito da una folla di personaggi, ognuno con un ruolo ben preciso. Alcuni atleti cercano la concentrazione da sdraiati e con la mente camminano sul filo della propria esibizione. Altri atleti, in piedi, si dividono tra quelli che si fanno rifinire il colore della pelle, oramai virato dall’eburneo al nocciolato e quelli che si dedicano con pazienza a lunghissime fasi di riscaldamento per pilotare nei distretti muscolari cruciali quella poca acqua corporea scampata alla siccità extracellulare voluta e cercata nel nome della definizione.

 

Tutti diligentemente disposti nel fazzoletto di pavimento che hanno guadagnato e i cui confini sono tutelati dal reciproco rispetto. Poi ci sono gli allenatori, semplici comparse all’occhio del profano; veri registi intenti a motivare i propri atleti o a oliare i loro corpi con un’opera di cesellatura cromatica, attenti a non screziare la geografia epidermica con pezzature più scure o più chiare; il vociare satura gli ambienti, ma senza mai superare il limite della sopportazione e tutto odora di tensione, muscolare ed emotiva.

 

Nessuno però inciampa in atteggiamenti scomposti. Uno dei pochi elementi di fragilità: i recettori olfattivi sono subito inamidati dal profumo pungente del Protan e del Jantana, prodotti che danno colore agli atleti, alle atlete e al pavimento unto da un monocromo color caffè.

Le bocche degli atleti sono impegnate nella ricarica asciutta di carboidrati (gallette, dolcetti, marmellata) al fine di portare glicogeno ai muscoli e favorire la redistribuzione dei liquidi senza appannarli. In definitiva, un mosaico umano accordato sulle note di un caos calmo.

 

Le ragazze della categoria bikini sono bellissime con proporzioni perfette tra ipertrofia e definizione.

Trovare le proporzioni ideali è un valzer di lenta cesellatura: perché essere troppo asciutte o troppo muscolose verrebbe pagato con una penalizzazione.
I sacrifici per arrivare in forma a una gara sono di incredibile portata e meriterebbero una medaglia a parte. Comunque tutto è già ripagato da un’epifania di fisicità, tonicità e da una perfezione tra le parti del corpo che trasmettono agli occhi il senso estetico della sezione aurea.

 

Le interviste sotto riportate riguardano due certificate ISSA, Personal Trainer e atlete Bikini. Le loro risposte sono molto importanti al fine di capire (o cercare di capire) cosa c’è dietro una partecipazione a una competizione. Magari cercando di carpire qualche “segreto”per superare ancora più in alto l’asticella dell’eccellenza.

 

Cosa significa per una ragazza affrontare una gara bikini di alto livello?
Rispondono per noi Rudina Marra, CFT1 ISSA, Personal Trainer e Margherita Todeschini, Personal Trainer ISSA CFT2.

 

Rudina Marra, atleta Bikini IFBB e PT di livello, finalista ai campionati italiani e già qualificata ai Giochi del Mediterraneo 2017.

 

Margherita Todeschini, laureata in psicologia e atleta bikini IFBB, già qualificata per i campionati Italiani 2017 e patentino internazionale guadagnato sul campo, fresca di un’annata da ricordare e finalista al Miss Olympia tenutosi a San Marino nel dicembre 2016.

 

D.: Ciao Margherita, hai solo 23 anni. Quando è iniziata la tua passione per il body building? C’è stato un preciso fattore scatenante o è entrato nella tua vita in punta di piedi?

Premetto che ho sempre avuto lo sport nel sangue. Il body building è entrato, come dici tu, in punta di piedi. È stato preceduto dal crossfit, primo vero approccio con i carichi. E di quell’attività mi è rimasto il fascino per certi esercizi di potenza che porto avanti anche ora che ho virato sul body building.
Ecco, è stato questo sport l’elemento di svolta.
Osservando come modellava il mio profilo fisico e psichico (forza, appeal e autostima) mi sono detta: “Questo è il mio sport!”

 

D.: Ciao Rudina, avevi 23 anni quando sei arrivata dall’Albania. Eri una ragazza fuori forma e sportivamente digiuna. Quando è iniziata la tua passione per il body building? C’è stato un preciso fattore scatenante o è entrato nella tua vita in punta di piedi?

All’inizio mi sono iscritta in palestra semplicemente per fare amicizie, senza ambizioni agonistiche. La passione si è fatta strada progressivamente, di pari passo con i risultati. I primi anni l’approccio all’allenamento e all’alimentazione era affidato ai consigli “artigianali” di istruttori forse poco preparati. “Vuoi migliorare sulle gambe? Devi allenarti per due ore di fila solo sulle gambe”, mi dicevano. E io,da profana, eseguivo. In ogni caso la passione per il mondo del fitness cresceva, così come il desiderio di cambiare vita e lavoro. Allora un amico PT ISSA mi ha consigliato il corso ISSA per personal trainer. Beh… si è aperto un nuovo mondo: archiviati i luoghi comuni su allenamento e alimentazione ho appreso i rudimenti di un approccio scientifico alla materia.
Applicandoli in primo luogo su me stessa, poi sui clienti. Il mio fisico ha subito registrato un salto di qualità e ha promosso l’altra grande passione della mia vita: il lavoro come personal trainer.

 

D.: Margherita, l’ostacolo più difficile da superare lo hai incontrato a tavola, in palestra o nella tua testa?

La mia montagna da scalare è stata tutta mentale avendo dovuto sempre fare a pugni con una bassa autostima che non mi facilitava certo a mordere il palcoscenico e alla pubblica ostensione del corpo.
A questo si sommava la visione distorta delle altre concorrenti che, ai miei occhi, risultavano tutte “più” di me: più belle, più toniche, più preparate…
Poi ho cominciato a infrangere questo “muro del pianto”, diciamo.

D.: Rudina, l’ostacolo più difficile da superare lo hai incontrato a tavola, in palestra o nella tua testa?

Per me l’allenamento non è un sacrificio. Anzi, è l’elemento più spontaneo. Né ho mai patito cali motivazionali. Ho invece trovato qualche difficoltà a gestire la tavola, dato che mi piace mangiare.
Ma la cosa più difficile è stata quella di conciliare la preparazione con i numerosi impegni di lavoro e ai quali dono la stessa passione che investo nello sport.

 

D.: Margherita, quanto ha pesato il ruolo del tuo allenatore, Claudio Suardi?

Claudio Suardi è stato un direttore d’orchestra alimentare, sportivo e soprattutto mentale. Ha sempre saputo come prendermi, in particolare nei giorni pre-gara, quando tendo a isolarmi e innervosirmi.
Ho apprezzato molto questa sua dote di saper motivare la persona quando più ce n’è bisogno.

 

D.: Rudina, quanto ha pesato il ruolo del tuo allenatore, Claudio Suardi?

L’incontro con Claudio Suardi è stato decisivo. Ho trovato in lui una figura completa che mi ha “costruita” con delle nuove fondamenta sia nel lavoro come personal trainer, sia come atleta. Sa trasmettere tanta carica e motivazione, ingredienti fondamentali per il mio lavoro come per le gare. E da spendere anche nella vita di tutti i giorni.

 

D.: Margherita, sappiamo quanto la nutrizione sia cruciale nella preparazione. Ci fai un esempio del tuo menù pochi giorni prima della gara?

Nei giorni prossimi alla gara facevo una colazione a base di bianchi d’uovo, cereali/riso e marmellata light con qualche pezzetto di cioccolato fondente per appagare il palato. Il resto della giornata procedeva con due spuntini a base proteica, un pranzo a basso tenore di carboidrati e una cena proteica con poche verdure. E bevevo tanta acqua.

 

D.: Rudina, sappiamo quanto la nutrizione sia cruciale nella preparazione. Ci fai un esempio del tuo menù pochi giorni prima della gara?

Non avevo un menù fisso, ma a percentuali variabili di macronutrienti. La mia alimentazione si adattava ogni giorno sulla base della mia risposta alle lunghe ore passate in piedi per lavoro. In generale, assumevo carboidrati (soprattutto riso) a ogni pasto, mentre uova e albumi erano le proteine di preferenza.
Unico sfizio: un po’ di cioccolato fondente a colazione!

 

D.: Margherita, sei una ragazza polivalente: laureata in psicologia, personal trainer e atleta. C’è l’imbarazzo della scelta nel tuo futuro?

Senza ombra di dubbio dò la precedenza al lavoro di personal trainer. Lavoro nel quale posso spendere, tra l’altro, le mie competenze in psicologia.
L’attività di atleta agonista è solo la ciliegina sulla torta. Questo non toglie che continuerò ad allenarmi dando il massimo e ambendo alle passerelle internazionali, perché no?

 

D.: Rudina, sei arrivata in Italia dall’Albania carica di incognite sul tuo futuro. Adesso sei un’atleta e una personal trainer affermata. Cosa c’è nel tuo futuro?

Non riesco a leggere un mio futuro senza la prima pagina dedicata al lavoro come personal trainer e all’aiuto che posso dare agli altri nel perseguire i loro obiettivi. Solo dopo arrivano le competizioni.
E tutto, lavoro e gare, parla una sola lingua: migliorare!

 

Chiudiamo dando la parola a Claudio Suardi, allenatore delle due atlete nonché docente e direttore tecnico di ISSA EUROPE.

 

D.: Claudio, una tua riflessione su cosa significa essere atleta…

Dietro una partecipazione a un corso, a una certificazione, a un palco ci sono tanti sacrifici, economici, di tempo, impegno, ansia. “Rispetto” è la parola chiave. Frequentare un corso o salire su un palco, aiutare una persona a dimagrire, a rimettersi in forma o solamente a togliergli un piccolo dolore di origine posturale è un impegno al di là dell’ora dedicata.
Occorre rispettare i sacrifici fatti e l’impegno profuso. Dietro ogni atleta vi è una storia diversa, fatta di rinunce, attese, ambizioni, allenamenti pesanti, cercando di superare se stessi prima di tutto.
Quando si sale sul palco si ha vinto. Stiamo dimostrando a tutti e a noi stessi che siamo fieri di quello che abbiamo fatto. Se poi troveremo qualcuno più forte gli stringeremo la mano ma il giorno dopo ricominceremo ancora con più determinazione e grinta. La vita dell’atleta è simile a ciò che affrontiamo ogni giorno fatta di rinunce, attese, speranze, pianti e sorrisi, discese e salite.

 

Chi semina raccoglie, agli altri le scuse e le solite malelingue di rito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Orazio Paternò

 

 

 

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