L’età nella quale la donna entra normalmente in menopausa si aggira attorno ai 50-52 anni preceduta da un periodo di climaterio durante il quale comincia l’atresia follicolare (arresto di sviluppo del follicolo) con un calo progressivo dei flussi, questo primo periodo non è da sottovalutare per il notevole scompenso neurovegetativo dato da una situazione ormonale fortemente instabile. Esistono comunque terreni genetici e fattori di rischio che possono anticipare la menopausa anche a 38-46 anni. La diminuzione di produzione ormonale da parte delle cellule della granulosa anticipa i processi di invecchiamento. L’osteoporosi e il decadimento tissutale sono due delle conseguenze più importanti dell’invecchiamento che inizia nel periodo menopausale.
L’intento della dissertazione è quello di fornire informazioni teoriche ma soprattutto pratiche su come trattare in palestra la donna nel periodo del climaterio con l’obiettivo di restituire trofismo al tessuto. L’esercizio in palestra diventa uno degli elementi utili per combattere l’impoverimento tissutale che compare in questo periodo.
Il network collagenico e osseo di origine mesenchimale (cioè del tessuto connettivo embrionale) è dotato di proprietà di comunicazione sia all’interno della rete di collagene sia con gli assi ormonali neuroendocrini. Le fibre collagene, rivestite da glucosamminoglicani e proteoglicani (GAG/PG) che si fissano sulla loro struttura, possiedono proprietà di ricezione e conduzione di impulsi elettromagnetici generati dalla deformazione della struttura stessa del collagene in stiramento, torsione e compressione. La struttura collagenica forma una rete con proprietà di conduzioni nei tre piani dello spazio; lo stimolo viene condotto e propagato lunga la direzione della fibra partendo da una deformazione meccanica della stessa (es: esercizio fisico). Questa proprietà si chiama piezoelettrica ed è una proprietà a cui si era data poca importanza in passato ma essenziale da sfruttare e conoscere in particolare per i promoter del movimento preventivo e terapeutico.
Le fibre collagene si comportano come semiconduttori con flusso di elettroni a senso unico.
Nel Network collagenico che include anche le cellule potremmo trovare quindi fibre afferenti ed efferenti. Le fibre afferenti trasportano l’informazione della deformazione tramite energia elettromagnetica dalle rete collagenica alla cellula (fibroblasta, osteoblasta), le fibrille efferenti trasportano invece l’energia dalle cellule alla sostanza fondamentale regolando la disposizione del tropocollagene (unità ripetitiva costituente il collagene) secondo vettori imposti dal tipo di deformazione. La deformazione ripetuta del network collagenico interagisce con l’asse ipotalamo-ipofisi gonadi con la stimolazione di quegli ormoni ad azione trofica tissutale come GH/testosterone. Il collagene deformato interagisce quindi con il collagene stesso e con le strutture ormonali che sovraintendono all’espressione di quei geni deputati alla produzione tissutale.
La deformazione del collagene può essere somministrata e modulata tramite l’esercizio fisico e lo stretching adattato in carico, ripetute, serie e tempi di recupero secondo una posologia precisa dipendente dal tipo di risultato tissutale che si vuole ottenere.
La donna in menoapusa ha bisogno di un contestualità di esercizio fisico aerobico, anaerobico e di stretching miofasciale per soddisfare il ricondizionamento vascolare e l’umore, la tonicità tissutale e la densità ossea, ristabilire i corretti pattern di allungamento miofasciale rispettando la biomeccanica.
L’esercizio aerobico dovrebbe essere il più possibile personalizzato ma si può tenere come indicazione di massima una frequenza cardiaca pari al 40/45% della FC max fino ad arrivare ad un 80% dopo circa sei mesi di allenamento tenendo presente ovviamente le controindicazioni neuromusoloscheletriche e adattando di conseguenza il gesto tecnico. Non è raro che queste tipo di cliente possa soffrire di condropatia femoro rotulea, meniscosi, disturbi tendinei reiterati dovuti ad una variazione dell’angolo Q (ottenuto misurando la divergenza tra la linea che rappresenta il vettore di forza del quadricipite con quella del tendine rotuleo) del ginocchio e della distribuzione degli assi di carico femoro-rotulei e femoro-tibiali. Spesso troveremo un eccessivo valgismo con extrarotazione di tibia e un alterato trekking rotuleo. In questo caso moduleremo l’attività alternando il cammino in piano sul tappeto non più di 15’ con la cyclette 20’ con sellino alto facendo attenzione ad non arrivare alla completo blocco del ginocchio in estensione (posizione a close packed) o il nuoto gambe crawl; importante abbinare il rinforzo in catenacinetica chiusa sugli ultimi 30°di movimento (esempio: 1/3 squat in monopodalica senza carico con feedback biomeccanico o pressa).
L’esercizio anaerobico con sovraccarichi consente di migliorare il trofismo tissutale ed osseo tramite la modulazione dei sovraccarichi. Questa fase è estremamente importante dal punto di vista dell’allenamento perchè uno sfasamento dei tempi di recupero, un eccessivo sovraccarico od una meccanica scorretta possono provocare lesioni di lieve entità che allontanano il cliente dall’esercizio con i pesi.
Il collagene reagisce al sovraccarico modulando la distribuzione delle fibre e migliorando la consistenza tissutale ma questo concetto non deve essere interpretato in maniera strerile ed adattato ad una donna in menopausa con possibili problemi strutturali.
Consigliabile non lavorare con carichi vicini al massimale ma rimanere su un numero di ripetute tra le 12/15 nel primo periodo per consentire una corretta acquisizione della tecnica. Le pause devono essere almeno di 1’30” per consentire un buon recupero dell’ATP in modo da non sovraccaricare il sistema miofasciale.
A livello del rachide le zone di maggior sofferenza sono le zone di variazione di curva. La cerniera occipito cervicale (C0-C1), cervico dorsale (C7/D1), dorso lombare (T12- L1), lombo sacrale (L5-S1). Assolutamente vietato impostare l’allenamento con carichi assiali senza un training biomeccanico sullo squat. Prima di tutto è necessario ripetere il gesto a corpo libero fino allo sfinimento (tecnico non fisico) ponendo estrema attenzione a non superare il 90° di flessione di ginocchio, mantenere il rachide lombare in posizione a close packed (estensione durante tutto il movimento), le ginocchia verso l’abduzione e i piedi rivolti 30° circa verso la rotazione esterna; il tutto adattato all’antropometria del paziente. Solo in seguito aggiungere moderati carichi. Meglio prediligere in questo caso la forza resistente rimanendo sulle 18-20 ripetute.
Attenzione alle spinte in alto e alle alzate laterali! Il carico scorretto e ripetuto porta in eccessivo sovraccarico l’articolazione gleno-omerale, e la cerniera cervico-dorsale. Se il soggetto soffre di protrusioni discali soprattutto a livello C6-C7, C7-D1 evitare le alzate laterali (monoarticolari braccio di leva lungo) e prediligere le spinte in alto con carico molto leggero valutando continuamente i sintomi, se compare sofferenza interrompere l’esercizio. Se il cliente soffre di impingment gleno-omerale insegnare correttamente la didattica in extrarotazione di spalla durante l’elevazione e adattare l’angolo di apertura delle braccia sul piano trasverso a seconda della sintomatologia riprodotta dall’elevazione e all’antropometria del cliente; rieducare il ritmo scapolo omerale con degli esercizi di scivolamento scapolo toracico (contattare il Fisioterapista di fiducia in caso di intolleranza all’esercizio). I carichi assiali sono estremamente utili per il riadattamento strutturale del network collagenico, muscolare e osseo ma attenzione ai sintomi muscolo-scheletrici.
Assolutamente importante insegnare la stabilizzazione del core link, con la rieducazione del trasverso in contrazione anticipatoria sugli arti, da applicare a tutti gli esercizi in carico assiale.
Lo stretching è utile se applicato con rigore. Si è discusso spesso in passato sull’utilità dello stretching nello sportivo; la letteratura è contrastante anche se spesso gli obiettivi e le metodiche utilizzate nei vari studi sono così diversi da non condurre ad una conclusione efficace ed univoca. Sicuramente l’evidenza pratica, l’efficacia ormai comprovata della Terapia Manuale Ortopedica condotta dal Fisioterapista (che comprende anche l’allungamento miofasciale), alcuni studi di riferimento portano alla conclusione che lo stretching selettivo condotto su distretti particolarmente retratti o vittima di dolore miofasciale può essere utile nell’attenuare il dolore miofasciale. L’allungamento muscolare deve essere condotto, dopo un’attenta valutazione posturale, allungando i distretti retratti e accorciando/stabilizzando i distretti allungati e deboli.
E’ comune trovare una retrazione della catena crociata anteriore con sovraccarico della cerniera C7-D1 che si manifesta spesso con un ispessimento tissutale ed un sovraccarico edematoso inquest’area. E’ utile lo stretching dei trapezi, dell’elevatore della scapola, l’allungamento del grande e piccolo pettorale, degli scaleni con un riadattamento della posizione del massiccio cefalico (educando la ,cliente ad una lieve retropulsione, del mento con il rinforzo in stabilizzazione del lungo del collo).
La mobilizzazione ritmica attiva del distretto dorsale, spesso ipercifotico, migliora la postura globale della paziente coadiuvando la riprogrammazione della postura del massiccio cefalico.
Non dimentichiamo di educare la cliente alla riacquisizione di una corretta ritmica respiratoria (vedi articolo: L’allenamento respiratorio); e lavorare sull’allungamento ,della fascia toracolombare, sullo psoas e sugli ischio-crurali previa valutazione delle retrazioni e delle asimmetrie.
L’articolo contiene indicazioni di massima da adattare al contesto posturale, all’anamnesi medica, alla composizione corporea e alla capacità aerobica della paziente.
Autore: Marco Casano
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