PANDEMIA COVID-19 | L’EREDITÀ

La pandemia da Covid ci ha lasciato un pesante bilancio di lutti, di macerie economiche e la certezza di quanto sia fragile l’equilibrio della nostra vita.

Non ci riferiamo ovviamente al programma televisivo condotto da Amadeus o Insinna, ma ai reliquati di questa pandemia che, teoricamente, diamo per controllata. Dal punto di vista economico le cifre mondiali sono spaventose, si pensa infatti che al 2025 saranno stati spesi 22 mila milioni di miliardi di dollari: per passare dal macroscopico al microscopico, basta guardare le vie di città e paesi e cogliere tutte le chiusure delle piccole attività imprenditoriali. È un discorso quindi che preferiamo lasciare ai tecnici tenendo ben conto di come le decisioni operative in campo sanitario non possono mai essere disgiunte da quelle economiche, interdipendenti con reciproci effetti spesso inversamente proporzionali. I dati della letteratura ci dicono che il virus ha un’azione sistemica e colpisce organi ed apparati, per cui non solamente i polmoni vengono interessati dalla malattia, ma anche altri organi importanti subiscono delle alterazioni che vanno monitorate nel tempo, trasformandosi in alcuni casi in malattie croniche.

Tutto ciò comporta una programmazione sanitaria differente che tenga conto, a livello del nomenclatore nazionale, di nuove espressioni patologiche che andranno valorizzate economicamente e inserite nell’ambito di precisi protocolli operanti da tempo ad esempio per altre malattie. L’eredità che ci troviamo, sempre quella non legata ad Amadeus, è la reale perdita di più di un anno di vita, intesa in tutte le sue sfaccettature: emozionale, sociale, economica, relazionale.

Le cicatrici, specie nelle persone giovani, vengono già studiate da parte degli psicologi e degli psichiatri specialmente nella fascia di età molto giovane, dove si è visto l’aumento dei DCA, cioè dei disturbi del comportamento alimentare. Il cibo diventa il rifugio o il bersaglio del disagio psichico attraverso l’estrinsecarsi di forme come l’anoressia, la bulimia e l’obesità. Questo tipo di interesse da parte dei clinici non deve essere sottovalutato perché spesso tali forme, specie nelle fasi iniziali, hanno una subdola crescita e quando si manifestano in modo eclatante i rimedi sono molto difficili e comportano percorsi da condividere, in cui la sofferenza e la paura la fanno da padrone. Da non dimenticare l’aumento della violenza di gruppo e quella odiosa contro le donne.
Ci aspetta quindi un’eredità complessa, in cui l’ipotetico notaio dovrà suddividerla tra medici, economisti, epidemiologi ed esperti nel campo dell’attività motoria. L’abbiamo già detto altre volte e lo si ritrova dappertutto come un mantra: l’attività fi sica è la cenerentola rispetto agli interessi dello Stato, lasciata prevalentemente al campo dello sport con la complessa organizzazione legata allo stesso e la connotazione politica che lo regola sia a livello nazionale che europeo e mondiale. Sport inteso come attività prestazionale, in cui ci si aspetta un risultato dopo un’accurata preparazione generale: se poi ci si fa male, ma si è vinta la gara, fa parte delle regole del gioco e quindi va bene così.
Ma l’attività fisica per noi tutti è al contrario l’espressione del proprio benessere, della propria efficienza e della propria autonomia: nel giovane sono situazioni che, tranne nei casi della disabilità, non sono particolarmente sentite mentre diventano fondamentali nell’età adulta e nell’anziano. La chiusura delle palestre e dei centri fitness, provvedimento demenziale, ha di fatto inciso in modo significativo sulle caratteristiche testé dette e ora diventa indispensabile il riappropriarsi della funzionalità motoria sotto la guida di personale esperto per evitare che il notaio ci lasci poco margine nella qualità della vita, dovendosi pagare un prezzo altissimo per colpe non derivanti dalla nostra volontà. La comunicazione Mai come in questo periodo abbiamo assistito ad un sistema informativo pieno di contraddizioni, omissioni, catastrofismi e devianze. Nel 1948 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha riconosciuto la salute e l’informazione come diritti fondamentali dell’umanità: il giornalismo, specie quello medico, si svolge quindi in un ambito di particolare sensibilità sociale, ma soggiace a tutte le regole e le prassi del buon giornalismo. Tuttavia le notizie medico-scientifiche mantengono una particolare eziologia: le fonti. Dato che i media in generale sono come dei “traduttori” di un fatto in una notizia, difficile in particolare negli ambiti specialistici, ecco che diventa fondamentale l’identificazione e la selezione della notizia stessa. È anche sotto questo aspetto che le regole della comunicazione mal si conciliano con le regole della ricerca scientifica e dei suoi risultati: l’inconsueto diventa notizia nel giornalismo, mentre nella ricerca è solo la segnalazione di un caso lontano dallo standard del risultato atteso. La voglia di novità e di immediatezza della divulgazione non trovano riscontro nella ricerca: da una parte abbiamo la volontà di comunicare rapidamente, dall’altra la necessità di ripetere gli esperimenti per validarne e confermarne i risultati. Tutto ciò comporta la necessità di una continua analisi e discussione degli stessi che è parte integrante dell’ambito scientifico, ma se riportata al grande pubblico può diventare una fonte inesauribile di incertezze, contraddizioni e fakenews. Noi, fruitori della notizia, ci aspettiamo che la stessa derivi da una fonte autore vole, affidabile, con la possibile accessibilità, intesa quest’ultima come comprensibilità più che come effettiva possibilità di accesso alla fonte. Per dirla in poche parole, se raggiungo la fonte stessa e riesco in modo semplice a capire i meccanismi che stanno dietro ad una notizia, ecco che anch’io inizio a pormi delle domande in modo corretto e lineare. La presenza di internet se da una parte ha permesso l’informazione in tempo reale, non ha semplifi ato l’identificazione delle buone fonti. Un’indagine condotta in Svezia nel 2017 su 110 giornalisti scientifici ha evidenziato, tra gli indicatori più importanti, la qualità delle fonti e la responsabilità professionale. Tutto ciò è stato in questo lunghissimo anno calpestato e distorto in modo continuo. Non vogliamo aprire una sterile polemica, ma la presenza costante di tanti virologi che virologi non erano, di tanti clinici che inizialmente con il fioretto e successivamente con la clava si scambiavano opinioni sul video, il fatto che si sia passati dalla definizione di una semplice influenza che passava con due aspirine al catastrofismo di chi non vedeva che scenari irreversibili, ha fatto sì che si creassero nell’ambito della popolazione tutta una serie di incertezze che solo in parte sono state ridimensionate nel momento in cui sono intervenuti, poche volte e con brevi interviste, personaggi di altissimo livello che hanno chiarito in modo semplice ed efficace tutto ciò che si stava trasformando in angoscia esistenziale.

La prevenzione

La prevenzione primaria mira a ridurre l’incidenza di una patologia, tenendo sotto controllo i fattori di rischio e aumentando la resistenza individuale a tali fattori, precedendo l’insorgenza della malattia o attenuandone la gravità. Uno degli strumenti principali di prevenzione primaria sono ad esempio le campagne di vaccinazione contro specifici agenti infettivi, ma anche le campagne di promozione di un corretto stile di alimentazione e di vita, e quelle rivolte a categorie di persone considerate ad alto rischio come ad esempio i fumatori o quelle studiate per individui che presentano un rischio genetico elevato. La prevenzione secondaria ha lo scopo di individuare una patologia in uno stadio molto precoce in modo che sia possibile trattarla in maniera efficace e ottenere di conseguenza un maggior numero di guarigioni e una riduzione del tasso di mortalità. La prevenzione secondaria coincide quindi con le misure di diagnosi precoce, quali ad esempio per il tumore del seno, del collo dell’utero, del colon-retto. L’importanza degli screening sta nella possibilità di individuare gli stadi iniziali di una malattia anche in persone che non presentano sintomi evidenti. La prevenzione terziaria ha lo scopo di prevenire le cosiddette recidive (o ricadute) e gestire la riabilitazione e il reinserimento del malato, così come il controllo clinico-terapeutico di malattie ad andamento cronico o irreversibile.

Controlli

Fascia età 30-40 anni. È una fascia di età in cui è bene sottoporsi a controlli mirati quando si ha familiarità con patologie come il diabete, l’ipercolesterolemia che è la principale causa di malattie cardiovascolari, le malattie autoimmuni, il sospetto ipotiroidismo in presenza di sintomi specifici. Altri controlli interessano la sfera riproduttiva, in considerazione del progressivo aumento di infertilità a partire dai 28 anni e laddove 12 mesi di tentativi di avere un figlio non siano coronati da successo. Per le donne è inoltre consigliato, già dai 25 anni, il PAP Test come forma di prevenzione del tumore del collo dell’utero, da ripetere con cadenza almeno triennale, al quale è possibile associare l’HPV test in grado di rilevare la presenza del DNA del papilloma virus. Fascia età 40-50 anni. In assenza di fattori di rischio, se si è sani e si conduce una vita equilibrata è sufficiente programmare una visita medica annuale accompagnata da esami del sangue. Altrimenti va controllato il rischio cardiovascolare con un eco cardiogramma ed ecocolordoppler delle carotidi o in alcuni casi un holter pressorio sulle 24 ore. Per gli uomini non va sottovalutata una eventuale disfunzione erettile che può essere spia di possibili disturbi cardiovascolari. Per gli uomini è consigliato, seppure vi siano perplessità, il dosaggio del PSA per controllare la salute della prostata. Per le donne è indicat o eseguire la mammografia annuale, a cui associare eventualmente anche un’ecografia mammaria, come prevenzione del tumore del seno. Se presenti problemi per la vista è bene sottoporsi a una visita oculistica per individuare in tempo i segnali di alcune patologie come il glaucoma o la cataratta. Fascia età 50-60 anni. Sono gli anni di attenzione specifica per la prevenzione oncologica come già indicato precedentemente. Molto utile la MOC per fronteggiare l’osteopenia e l’osteoporosi nelle donne. Mappatura e controllo dei nei, soprattutto in casi di familiarità con tumori della pelle, per valutare la loro eventuale degenerazione.

Prevenzione cardiovascolare sia per le donne che per gli uomini, soprattutto nella popolazione femminile dopo la menopausa quando la sintomatologia infartuale non è sempre facilmente riconoscibile e diversa tra donna e uomo. Valutazione delle carotidi per testare il flusso arterioso e individuare eventuali placche di aterosclerosi. Da valutare un check up urologico che associ specifici esami per valutare la salute della prostata. Fascia età 60-70. In questa fascia di età va mantenuta la prevenzione oncologica indicata come sopra, ma sono anche consigliati l’ecografia addominale dell’aorta, la più grande arteria del corpo umano, per valutare il rischio di aneurisma, specie negli uomini. Nel campo oculistico controlli periodici per individuare appunto l’insorgenza del glaucoma e il temibile deterioramento della retina estrinsecantesi con la maculopatia. E, perché no?

Una valutazione otorinolaringoiatrica per il controllo dell’udito. Tutto quanto sopra descritto, seppur in maniera non esaustiva, ci riporta al severo problema della carenza della medicina territoriale che la pandemia ha evidenziato in maniera drammatica. La politica dissennata in relazione alla progettualità sanitaria condotta indistintamente da governi di destra e di sinistra ha fatto sì che molti di quei controlli di cui sopra siano stati posticipati o non eseguiti a causa dell’emergenza. Come è stato ampiamente detto da altri, anche sulle pagine di questa rivista, l’attività fisica è stata nel senso letterale della parola “abbandonata” e ciò non può non condurre a medio e lungo termine ad una diminuzione generalizzata della qualità della vita. Se è vero che historia magistra vitae, speriamo che qualche brandello di consapevolezza sia rimasto appiccicato a noi tutti e ci consenta di non ripetere errori così grossolani che dimostrano quanto la conoscenza e i valori da essa derivati sia fondamentale nel rendere accettabile la vita in una nazione che si ritiene civile.

 

a cura del Dott. Silvano Busin – Dirttore Scientifico di ISSA Europe

 

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