Il crescente interesse degli ultimi anni verso un Fitness “più funzionale” pone maggiormente l’attenzione sul concetto globale del movimento umano rispetto al solo aspetto strutturale dei singoli muscoli.
Sono sempre più studiati argomenti come le catene miofasciali, le disfunzioni posturali nonché le interrelazioni tra il sistema motorio e quello sensoriale.
Si sta andando verso un trend più volto ad un “Fitness Neurosensoriale” rispetto ad una visione puramente strutturalista di qualche decennio fa, dove si faceva riferimento solo al rinforzo, all’ipertrofia muscolare o al grasso corporeo. Molti Personal Trainer stanno nutrendo la necessità di considerare i loro clienti prima di tutto dal lato delle loro disfunzioni motorie e posturali per poter creare poi terreno favorevole al raggiungimento dei risultati; siano questi di natura estetica, recupero funzionale oppure atletico.
Il sempre più interesse verso lo studio della “core stability” prevede un ragionamento globale della persona che si prende in considerazione. Parlare di CORE non vuol dire, come spesso si sente discutere, far riferimento ai muscoli addominali bensì l’attenzione dovrebbe essere rivolta al concetto di “centraggio corporeo”.
Un corpo bilanciato è in equilibrio in ogni sua parte. Per definire un sistema efficiente con una buona core stability, le strutture devono funzionare in massima resa con il minimo sforzo senza compensi né disagi. Ogni articolazione ha la sua core stability che permette al corpo di esprimersi in una condizione di equilibrio di forze. Questo significa che quando si è bilanciati in modo armonioso, per effetto dei principi della tensegrità, ci si troverà in una condizione dove ogni segmento sarà in equilibrio con le strutture contigue in modo tale che i muscoli ed il tessuto connettivo si comportino come dei tiranti di una matrice dove le ossa vi galleggiano nel mezzo.
Quando ci muoviamo, il corpo deve sempre rispettare due elementi chiave fondamentali: la stabilità e la mobilità. Per esprimere un qualsiasi movimento il sistema nervoso deve prima crearne il pensiero per poi prepararsi a compierlo. Affinché si riesca a portare un manubrio sopra la testa, ad esempio in un esercizio di press in piedi, vi è necessità di creare una base solida sulla quale il braccio possa esprimere il suo movimento.
Ragionare solo sui muscoli della spalla è un forte limite poiché non si tiene in considerazione tutto ciò che ha portato al press come un gesto finale. Infatti, il braccio che si alza è solo l’ultima parte di un complesso meccanismo che è iniziato dal centro del corpo, dagli arti inferiori ed infine ha prodotto quello che visivamente si percepisce come il braccio che si alza. Creare la cosiddetta stabilità prossimale (tronco-pelvica) per permettere la mobilità distale (arti superiori o inferiori) richiede la capacità di avere la giusta solidità nella colonna vertebrale con i muscoli e le fasce che, attivando la core stability, offrono alla spalla un supporto sul quale poter esprimere il movimento.
La solidità che si viene a creare è data dalla compattazione dei sistemi muscolari che formano il cilindro del tronco.
Un cilindro dove all’apice si pone il principale muscolo della respirazione ovvero il diaframma toracico respiratorio. Lateralmente i muscoli profondi del complesso del tronco, profondo e superficiale, quali il trasverso addominale, gli obliqui e il multifido.
Alla base di questo complicato sistema troviamo tutta la muscolatura interna del bacino, conosciuta comunemente con il nome di pavimento pelvico (Pelvic Floor Muscles).
Il nome di pavimento intende già di per sè una base sulla quale si adagiano delle strutture superiori. Basterebbe solo questa osservazione per darle tutta l’attenzione che merita da un punto di vista sia strutturale che funzionale considerando il suo importante ruolo di supporto degli organi che su di esso poggiano. Le differenze anatomiche tra maschi e femmine, per quanto riguarda il pavimento pelvico, mettono i soggetti di sesso femminile più a rischio di disfunzioni nella “tenuta pelvica”.
Questo perché, oltre alla maggiore larghezza del bacino nella donna che subisce più pressioni, se si considera che nella pelvi femminile vi è uno “spazio virtuale” che è rappresentato dal canale vaginale, in quell’area vi è più probabilità di tendere alla discesa. Questo ovviamente se i muscoli, per varie ragioni, riducono la loro naturale attivazione tonico-posturale.
Questa pressione intra-addominale sarà direttamente proporzionale al carico che dovrà essere spostato. Se un soggetto si alza dalla sedia avrà una pressione sicuramente inferiore rispetto a quando deve risalire da uno squat profondo con 100kg caricati su un bilanciere. Purtroppo non tutti riescono a gestire in modo funzionale queste pressioni interne in particolar modo per la spinta che ne deriva sulla zona pelvica. In linea generale già una disfunzione del diaframma respiratorio può alterare i giochi di pressione. Infatti delle disfunzioni diaframmatiche in inspirazione (comunemente noto come diaframma “bloccato” in inspirazione) comportano una costante spinta sui visceri che non ricevono l’adeguata “aspirazione” tipica del meccanismo di espirazione.
Ricordiamoci che il diaframma è un muscolo che crea estensione lombare e se contratto aumenta la lordosi. D’altro canto, invece, molte posture con atteggiamento posteriore, associate spesso alla perdita della curva lombare, impongono un peso fisso sulla zona pubica. Sono quei soggetti che sembrano essere seduti su loro stessi avvolti in una postura a forma di “C”.
Molte disfunzioni nella zona pelvica, nelle donne, sono presenti dopo aver partorito a causa del carico pressorio subito durante la gravidanza. Inoltre le spinte durante il parto possono portare a lacerazioni dei muscoli o come spesso accade volutamente si tagliano parti delle strutture muscolari per permettere il passaggio della testa del bambino. Anche particolari cadute sul sedere compromettono l’equilibrio delle strutture fasciali e muscolari tra l’osso sacro e il pube portando ad allentare la capacità di tenuta e supporto. Tutte queste potenziali disfunzioni hanno in comune una possibile incapacità funzionale del pavimento pelvico di gestire le pressioni intra-addominali. I disagi che ne possono derivare sono tanti: dal dolore pelvico non definito, alla stitichezza meccanica, dalla incapacità di trattenere l’urina fino ai prolassi.
Da qui si evince che se un soggetto non riesce a gestire i fenomeni pressori, ogni allenamento che preveda l’uso di carichi può essere un potenziale fattore aggravante.
In sede di Fit Check è importante capire se il soggetto lamenta qualche dolore alla zona pelvica non ben definita, se ha partorito da poco, quante gravidanze ha portato avanti, se i parti sono stati particolarmente difficili.
Molte lamentele di mal di schiena senza diagnosi ben precise possono riferirsi a disfunzioni del pavimento pelvico. Fondamentale è l’età del soggetto in quanto nella menopausa, ad esempio, le donne hanno una naturale tendenza alla discesa pelvica per questioni ormonali che compromettono l’elasticità dei tessuti di contenimento.
Molte condizioni sono delicate ed entrano in una sfera personale e spesso non sono messe in luce facilmente, in particolar modo in un contesto non medico, quale può essere un centro fitness.
Tuttavia il cliente potrebbe riportare senza nessun imbarazzo problemi di emorroidi, difficoltà a trattenere l’urina durante gli sforzi, prolassi più o meno gravi o altre condizioni più severe.
In questi casi delicati diviene importante la diagnosi medico specialistica per valutare la severità della condizione e capire come l’allenamento fitness possa essere utile e in che misura; oppure valutare se il cliente ha prima necessità di impostare un programma di riabilitazione pelvica in un percorso fisioterapico.
Bisogna comunque considerare che i disturbi del pavimento pelvico interessano 1 donna su 3 e questo la dice lunga sulla sua importanza (1).
Purtroppo molti soggetti hanno disfunzioni alle quali non danno la giusta importanza.
Esclusi i casi di condizioni gravi e patologici, per tutti gli altri clienti che invece presentano “solo” delle disfunzioni di pressioni al pavimento pelvico, il Personal Trainer può dare un grande contributo partendo dalla fisiologica meccanica respiratoria.
L’obiettivo sarà quello di ristabilire le giuste spinte sul pavimento pelvico servendosi di alcuni concetti dell’Hypopressive Training ovvero di un approccio ipopressivo (riduzione della pressione nel ventre) che “alleggerisce” il peso sul piccolo bacino.
Un approccio al training per riequilibrio delle pressioni e attivazioni addomino-pelviche che può offrire davvero un grande contributo al benessere posturale e funzionale del cliente (2,3,4,5).
Bisogna considerare che il diaframma toracico e i muscoli del pavimento pelvico lavorano in sinergia, insieme agli altri muscoli del tronco. Durante l’inspirazione la discesa del diaframma toracico spinge la pelvi in basso che si contrae in modo eccentrico elasticamente per poi restituire durante la fase di espirazione la contrazione concentrica e la risalita. Sussiste una stretta relazione tra i muscoli respiratori ed il bacino ed infatti molti approcci di recupero della funzionalità respiratoria integrano il training pelvico per incrementare le capacità ventilatorie (6,7).
Purtroppo in presenza di disfunzioni questo sincronismo non è completamente rispettato ed il pavimento pelvico ha difficoltà a tornare in posizione fisiologica. Risulta ridotta la capacità elastica di resistere all’aumento della pressione. Sono molti i casi di problematiche posturali createsi in seguito a cadute traumatiche sull’osso sacro. In particolare il colpo diretto sul coccige porta ad una perdita di elasticità dei muscoli pelvici.
Se consideriamo che queste strutture muscolari sono sospese nel bacino tra il pube ed il coccige si potrebbe rappresentare questo modello come un’amaca sospesa tra due alberi.
Se uno dei due alberi si avvicina, l’amaca (pavimento pelvico) col peso dell’uomo (pressione intra addominale), scende inevitabilmente di livello.
In questi casi è la struttura sacro coccigea che sta condizionano l’equilibrio di tensione.
Bisognerà dapprima normalizzare il giusto allineamento strutturale, mediante manipolazioni per poi rieducare la muscolatura.
La collaborazione tra Personal Trainer e operatori manuali, quali Fisioterapisti, Osteopati, Chiropratici risulta un’arma vincente nel riequilibro pelvico, in particolare quando la perturbazione deriva da un’alterazione strutturale.
Risulta evidente che ogni ulteriore pressione intra-addominale tenderà ad aggravare la condizione quando in realtà bisognerebbe fare un passo indietro e ristabilire il giusto bilanciamento.
Infatti molti di questi soggetti, in particolar modo nelle donne, durante esercizi come squat, leg press, deadlift, ecc possono riportare dolore alla zona lombare nonostante non abbiano nulla di patologico alla bassa schiena che invece migliora con la stabilizzazione ed il reclutamento della muscolatura pelvica(8).
Nella cultura sportiva è molto in voga il concetto di respirare a pieni polmoni.
Si tende sempre ad enfatizzare la inspirazione per incamerare aria, avere più ossigeno a disposizione e per stabilizzare il tronco. Anche se questi concetti sono validi, in un contesto di riequilibro del pavimento pelvico bisogna rivalutare attentamente la componente espiratoria della respirazione invece di enfatizzare la inspirazione.
Questo serve per creare un effetto di risucchio idraulico ma anche neurologico di coattivazione con l’espirazione del diaframma e l’attività concentrica del pavimento pelvico.
Alcuni test funzionali che possono essere spendibili da parte del Personal Trainer in un fit-ceck prevedono il test del risucchio pubico diretto e il test delle contrazioni “isolate” dei muscoli del pavimento pelvico.
Si procede con la consapevolezza dei muscoli pelvici che si vogliono stimolare con lavori propriocettivi di “risucchio pubico diretto”. Questa procedura diviene di semplice esecuzione se si invita il cliente a immaginare di abbottonarsi un bottone di un pantalone stretto a vita bassa. Quindi si tira il basso ventre in dentro senza tirare la zona dell’ombelico. Tale azione diverrà estremamente utile negli esercizi di riduzione della pressione insieme alla risalita del diaframma toracico durante l’espirazione.
Si invita il cliente a sdraiarsi sul pavimento in decubito supino e mettere una mano sulla zona pelvica e l’altra sulla zona addominale.
Ogni altra attivazione muscolare, o l’impossibilità ad eseguire selettivamente il risucchio pelvico, può essere segno di scarso controllo muscolare. Nel test delle contrazioni “isolate” dei muscoli del pavimento pelvico consideriamo sempre la consapevolezza di attivazione che ci viene offerta dalle “contrazioni di Kegel” dove si invita il soggetto a simulare di trattenere la pipì o i gas.
Considerati esercizi di attivazione pelvica, si è visto che la loro funzione è rivolta solo alla muscolatura fasica mentre scarsi o inversi effetti si verificavano sui muscoli tonici, più resistenti. Da queste considerazioni risulta più indicato utilizzarli come “test” piuttosto che esercizi.
Quando si chiede al cliente di trattenere gli orifizi bisogna prestare attenzione che non si verifichino dei compensi di altri muscoli.
Con il cliente in pantaloncini, decubito supino e ginocchia flesse, zona addominale ben visibile, si osserveranno altre parti eventualmente attive.
Si possono verificare contrazioni dei glutei, degli adduttori, del complesso ischio-crurali, addome che si gonfia, addome che viene tirato in dentro, tensione delle gambe, piedi che si arricciano, ecc.
Tutti segni che il cliente non riesce a utilizzare a proprio comando senza creare compensi altrove.
Il riequilibrio dell’attività coordinata dei muscoli respiratori e pelvici sarà l’obiettivo della parte iniziale del nostro Training Funzionale. In un contesto di organizzazione di una scheda di allenamento per il “cliente pelvico”, gli esercizi di respirazione dovrebbero rappresentare la parte iniziale. Si enfatizzerà la fase di espirazione per normalizzare la fisiologia del diaframma in egual misura nel suo ciclo di contrazione-rilasciamento. Questa fase può durare da 1-2 minuti fi no a decine di minuti. La consapevolezza del respiro può richiedere tempo, ambiente confortevole e un rapporto one-to-one.
Un’utile istruzione da dare al cliente è quella di visualizzare gli organi addomino-pelvici che vengono “aspirati” verso il torace ogni volta che si espira lentamente dalle narici in modo lento, lungo e controllato.
Una posizione che facilita la riduzione pressoria pelvica durante questi esercizi è quella genupettorale.. In questo modo il dislivello che vede il bacino più alto delle spalle promuove l’attività di discesa per opera della gravità. Una volta trovata la posizione comoda per le spalle si fa respirare il cliente in modo che ad ogni fase di espirazione si rallenta il flusso dell’aria. Ad esempio si invita a inspirare in 2 secondi circa per poi far uscire l’aria dal naso in circa 5-6 secondi. Alla fine della espirazione si può chiedere di “tirare” il ventre in dentro e trattenere per qualche secondo, così come è stato verificato nel test per il risucchio pubico.
Altra posizione è quella in posizione declive dove si pone un cuscinetto sotto al bacino in modo tale che anche in questo caso la zona pelvica risulterà più alta di quella toracica. In questa posizione si ha più collaborazione attiva da parte del cliente che con le mani poggiate sul basso ventre alla fine della espirazione può indurre autonomamente una trazione verso l’ombelico se precedentemente non era riuscita attivamente nel risucchio pelvico.
Possono essere necessari anche fino a 10 minuti di questo lavoro per indurre una padronanza dei meccanismi di reclutamento.
Una volta compresa bene la corretta dinamica di questi esercizi, assegnarli come “compiti a casa” crea maggiore senso di responsabilità, consapevolezza e padronanza della muscolatura pelvica, spendibile non solo in allenamento ma nella vita di tutti i giorni. Da considerare, inoltre, che l’enfasi sulla espirazione lunga e controllata ha una connessione diretta con il parasimpatico del sistema nervoso autonomo e ciò può essere una valida spiegazione del perché, a seguito di questi esercizi, i clienti riferiscono di essere più tranquilli, calmi e di “sentirsi più leggeri”.
Dedicare la prima parte del programma di allenamento a questi esercizi potrebbe fare una grande differenza per tutti quei clienti che lamentano disagi pelvici ma anche limitazioni delle mobilità delle anche, della bassa schiena e della colonna in generale. Il mantenimento dell’integrità dei muscoli della core stability si è visto essere un fattore fondamentale nella postura, nello sport in generale e nell’allenamento con i pesi.
Questa stabilità poggia su un pavimento che deve essere pienamente funzionale.
Purtroppo nel mondo del fi tness è spesso trascurata ma la zona pelvica merita invece la sua attenzione, specie sui soggetti di sesso femminile che non hanno più 20 anni…
Esempi di esercizi ipopressivi consigliati per il pavimento pelvico
Un esercizio particolarmente utile per la riduzione della pressione sul pavimento pelvico è la respirazione ipopressiva in posizione Viparita Karani. Tale posizione, presa in prestito dallo Yoga, ha come principio di base lo spostamento del carico dalla pelvi al torace. Posizioni simili si assumono nelle metodologie di stretching in catena muscolare in particolare per la detensione della catena miofasciale posteriore. Da qui la particolare attenzione ai compensi che si possono verificare se tale catena non è adeguatamente flessibile. Nella Viparita Karani ipopressiva, rispetto alle metodologie di allungamento in catena muscolare, il particolare è un rialzo (cuscino comodo) sotto al bacino per consentire il dislivello tra pelvi e torace. Se il soggetto non dispone di buona mobilità della flessione dell’anca o dell’estensione del ginocchio si parte con un angolo più aperto dei 90 gradi. Col tempo e guadagnando elasticità nei muscoli posteriori l’angolo coxofemorale si riduce senza però estremizzare la chiusura onde evitare compressioni sui vasi che possono ostacolare l’emodinamica verso l’alto.
Altro esercizio di attivazione dei muscoli pelvi-trocanterici è l’Hip-Lift. La posizione iniziale prevede un allineamento in “neutro” della colonna vertebrale quindi mantenendo la fisiologica curva lombare.
Alla fine della espirazione si chiede di “trattenere gli sfinteri mantenendo l’urina e i gas e si solleva lentamente il bacino fino al punto in cui il femore è in linea con la colonna senza inarcarla. Prestare attenzione che non siano eccessivamente attivati i muscoli ischiocrurali o della zona lombare. La sensazione di contrazione dei glutei è naturale e non forzata. Per aumentare la capacità percettiva dell’esercizio si può monitorare la tensione dei muscoli posteriori con le dita delle mani.
Esempi di esercizi di coattivazione dei muscoli del pavimento pelvico
I planks in neutralità e rispetto delle curve dl rachide rappresentano un’altra importante categoria di esercizi che stimolano per via riflessiva i muscoli del pavimento pelvico (*Siff 2018).
*The Effect of Commonly Performed Exercises on the Levator Hiatus Area and the Length and Strength of Pelvic Floor Muscles in Postpartum Women. Female-Pelvic Med Reconstr Surg. 2018 May
Per la costruzione di una buona didattica e “costruzione” di un plank fisiologico si consiglia la versione sulle ginocchia nell’approccio frontale e laterale per avere maggiore consapevolezza dell’allineamento non minato dal carico che potrebbe derivare dalla versione più comune sui piedi. Una volta acquisita l’adeguata forza di stabilizzazione e controllo della respirazione in posizione di plank in ginocchio si può procedere con i plank regolari classici come step “avanzato” frontali e laterali. Si ricorda che il plank non deve essere considerato un esercizio per i “muscoli addominali”. Lo scopo del plank è attivare per via riflessa la muscolatura che stabilizza il rachide e le sue connessioni pelvi trocanteriche. Per mantenere sempre la qualità delle contrazioni non inficiate dalla stanchezza si raccomanda di eseguire più serie da pochi secondi piuttosto che poche serie da molti secondi; esempio 12 serie da 10 secondi invece di 2 serie da 60 secondi.
Per la stretta relazione che esiste tra i muscoli intrinseci del piede e quelli del pavimento pelvico risulta particolarmente utile la pratica di esercizi in stazione monopodalica.
Tali esercizi sollecitano in modo significativo i muscoli pelvici per il controllo della postura. Il Single leg Deadlift prevede la flessione dell’anca su un solo piede mantenendo la colonna in neutro nonché il fisiologico centraggio del piede con l’attivazione dei muscoli intrinseci che comportano la tipica forma del naturale arco plantare. Il soggetto si flette in avanti lentamente rispettando l’allineamento della colonna con il ginocchio leggermente flesso fino a quando sente il controllo della posizione, l’attivazione dei glutei ed una sensazione di trazione dei muscoli gluteo-femorali.
Mantiene la posizione per qualche secondo e ritorna lentamente. Il carico aggiuntivo può essere una maggiore sollecitazione all’esercizio ma non risulta fondamentale dalle prime sedute. Ciò che è estremamente importante è l’allineamento della colonna e del giusto appoggio podalico per consentire la sinergia piede-pavimento pelvico.
Alcuni ESERCIZI SCONSIGLIATI in caso di perdita di funzionalità di “supporto” del pavimento pelvico
Per l’eccessiva spinta che ne può derivare sul complesso pelvico, in caso di mancato o inefficiente supporto, sono sconsigliati esercizi come i crunch al pavimento, esercizi ad alto impatto come la corsa, salti e tutte quelle attività che comportano una forte spinta pelvica.
Lo squat con importanti sovraccarichi dovrebbe essere evitato, così come tutti gli atri esercizi che usino carichi importanti. I movimenti di squat andrebbero comunque allenati così come tutti gli atri movimenti di cerniera dell’anca e di lunge ma con controllo del carico che inizialmente sarà “tecnico” e non caricato.
Purtroppo non avendo la giusta reattività muscolare dei muscoli che dovrebbero supportare queste pressioni eccessive potrebbe presentarsi un peggioramento dei sintomi.
Quando sarà ristabilita la giusta funzionalità tra i diaframmi toracico e pelvico ed il soggetto sarà in grado di gestire i carichi pressori solo allora i suddetti esercizi potranno essere reinseriti gradualmente, con carichi adeguati, nel programma di allenamento usuale.
Bisognerà dapprima ristabilire le basi per un corretto e fisiologico allenamento che miri alla piena efficienza e funzionalità corporea nel rispetto della persona e delle sue capacità individuali.
L’uso dei pesi è fondamentale ed un prezioso alleato per la salute, specie nelle donne in menopausa, ma è opportuno creare i giusti presupposti per beneficiarne a pieno in tutta sicurezza.
a cura di Antonio Parolisi – M.Sc. – MFS ISSA Europe
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Autore: Antonio Parolisi
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