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L’allenamento isometrico

La diminuzione della pressione arteriosa in risposta ad un allenamento con esercizi ritmici è stata documentata sia negli individui normotesi che in quelli ipertesi. Stranamente l’effetto ipotensivo non è sempre associato ad un significativo aumento del V02 max indotto dall’allenamento. Recentemente alcuni studi hanno dimostrato che la pressione arteriosa può essere ridotta tramite un allenamento di resistenza, che sembra avere un piccolo effetto sul VO2 max.

 

Vi è un’esperienza empirica, anche se limitata, che un regime di allenamento, che non ha potenziale per aumentare il VO2 max e riguarda uno sforzo strettamente isometrico, può esercitare degli effetti ipotensivi. Kiveloff e Huber rivelarono che gli sforzi isometrici abbassavano la pressione arteriosa in un gruppo di pazienti ipertesi dopo 5 / 8 settimane di allenamento.

 

La mancata quantificazione degli esercizi precluse delle conclusioni concrete riguardo la vera efficacia dell’allenamento isometrico. Più recentemente Buck e Donner confermarono l’effetto benefico dell’esercizio isometrico sulla pressione arteriosa. Considerando fattori interferenti l’obesità, l’alcoolismo e il fumo, conclusero che l’esecuzione giornaliera di attività isometrica ad alto livello previene l’insorgenza dell’ipertensione. Sono stati richiesti esperimenti controllati per documentare chiaramente gli adattamenti che risultavano dall`allenamento isometrico; fino ad ora però nessuno studio è stato esaustivo.

 

Ipotizzando che l’allenamento isometrico con l’utilizzo di serie ripetute e contrazioni brevi, abbasserebbe effettivamente la pressione, abbiamo completato due studi relativi ad esso.

ln entrambi gli allenamenti gli stimoli erano brevi, contrazioni submassimali che evitavano che la pressione arteriosa raggiungesse valori molto alti, ma che portavano comunque al punto della fatica. Nel primo studio abbiamo messo a confronto soggetti selezionati, con pressione diastolica a riposo normale (che si allenavano in laboratorio con un regime isometrico per otto settimane) con un altro gruppo di controllo non allenato.

Nel secondo studio, gli effetti di un programma similare sulla pressione arteriosa a riposo su soggetti border-line. In questo caso il periodo di allenamento era di cinque settimane, seguito da un periodo di non allenamento per altre cinque settimane.

 

MATERIALI E METODI

 

Primo studio

Soggetti, volontari sani, di età compresa fra i 20 e 35 anni vennero inizialmente inquadrati misurando la pressione due volte alla settimana. I quattro controlli permisero di selezionare alcuni soggetti con una pressione diastolica di 80 / 90 mmHg, quindi piazzati casualmente in uno dei due gruppi.

Tutti i soggetti vennero accuratamente informati che lo studio era finalizzato ad esaminare le fluttuazioni della pressione per otto settimane. Venne richiesto inoltre di effettuare lo stesso esercizio, le stesse abitudini alimentari e comportamentali durante il periodo della partecipazione allo studio. L’importanza di non cambiare le proprie abitudini venne specificatamente discussa con ciascun soggetto. Vennero incoraggiati a non cambiare dieta, a non smettere di fumare o di consumare alcoolici, a non fare insomma cambiamenti importanti nel loro stile di vita. Se questo non fosse stato possibile avrebbero dovuto informare lo staff e togliersi dallo studio volontariamente. Tutti i protocolli erano in accordo con gli statuti dell`American College of Sports Medicine e vennero approvati, prima dell’inizio degli studi, dal Commitee dell’Università di Miami (Miami University Committee on the use of human subjects in research).

 

I soggetti vennero in laboratorio per un’ora tutti contemporaneamente ogni giorno per il loro allenamento isometrico o per il controllo della pressione senza allenamento (gruppo di controllo). La pressione veniva misurata due volte nel braccio non dominante dopo almeno dieci minuti di riposo e cinque prima di iniziare l’esercizio. In ogni studio tutte le misure di pressione venivano fatte dallo stesso ricercatore. Il battito cardiaco era determinato con una registrazione elettrocardiografica. Le tensioni venivano registrate da un dinamometro a gettata lineare.

 

I soggetti visionavano la loro forza isometrica tramite un display connesso al dinamometro. Questo diventava un feed-back necessario per mantenere la percentuale appropriata di tensione. Ogni giorno un soggetto esercitava uno sforzo massimo per meno di 2” sul dinamometro; dopo almeno 3′ di arresto, veniva fatto un altro sforzo. Il target delle tensioni veniva monitorizzato cosicchè i soggetti potessero produrre la tensione appropriata durante gli esperimenti.

 

Protocollo 1

Un minuto dopo avere compiuto le misurazioni della pressione i soggetti iniziavano la prima delle 4 contrazioni di 2′ con il braccio dominante. Il target prestabilito della contrazione veniva rappresentato su un display situato di fronte agli atleti.

Erano permessi 3′ di riposo tra una contrazione e l’altra, tutte effettuate con il braccio dominante. La scelta di questo protocollo era basata su studi precedenti nei quali le contrazioni dovevano essere tenute fino al punto della fatica e lo sforzo e la durata permettevano l’aumento della pressione.

 

Per documentare la grandezza dell’aumento della pressione arteriosa durante le contrazioni, la stessa veniva misurata negli ultimi 20″ della prima e della quarta contrazione di 2′.

La pressione arteriosa a riposo e il battito cardiaco erano monitorizzati per 5′ durante i quali ogni volta i valori tornavano al livello iniziale. Questo regime di esercizi è stato seguito per 3 giorni alla settimana per 8 settimane. Il soggetto che per qualsiasi motivo perdeva più di tre sedute veniva automaticamente escluso dallo studio.

 

Secondo studio

Le procedure erano uguali a quelle scritte nel 1° studio, per 10 volontari di età compresa dai 29 – 52 anni. Tutti i soggetti completarono il protocollo.

Per testare le nostre ipotesi, in situazioni ritenute di esperienza “normale” di quotidianità, più che una ricerca in laboratorio, gli sperimentatori incontrarono i soggetti sul loro posto di lavoro e, se non esisteva il lavoro, in una stanza vicina al laboratorio. Tutte le persone in questo gruppo di studio parteciparono all’allenamento isometrico.

 

La mancanza di un gruppo di controllo differenzia questo protocollo dal 1 studio. Per questo studio fu impiegato un sistema con un dinamometro portatile, il quale precluse di ottenere una registrazione permanente dei dati come quello nello studio 1. L’investigatore osservava le tensioni e le registrava.

 

Protocollo 2

Le procedure erano le stesse che per il protocollo 1, con le seguenti eccezioni.

L’inizio era con il braccio destro, 4 contrazioni isometriche per una durata di 45”, alternando le braccia, con 1′ di riposo fra una serie e l’altra, continuando ad accorciare il tempo della durata di ogni sessione di allenamento.

Le sessioni di esercizio venivano svolte 5 volte la settimana per 5 settimane fino ad arrivare a 24 sessioni complete. Durante le settimane 6 – 10 non veniva svolto alcun esercizio isometrico (fase di non-allenamento). La pressione arteriosa e le registrazioni del battito cardiaco erano valutate una volta alla settimana dopo 10′ di riposo nella stessa sede dove veniva svolto lo studio.

 

 

RISULTATI

 

Primo studio

fig.1

La pressione diastolica e sistolica iniziale così come i valori settimanali per ogni gruppo sono rappresentati dalla figura 1. I valori sistolici e diastolici diminuirono dopo l’ottava settimana nei soggetti allenati.

Come dimostrato (fig. 1) dalla natura non parallela dei valori settimanali dei due gruppi, vi fu una sostanziale differenza di effetti nei

gruppi, nei  riguardi della pressione sistolica e diastolica. Il confronto multiplo rivelò più tardi che i valori della prima settimana erano sostanzialmente superiori a quelli della quarta settimana, nel gruppo trattato. Fu anche stabilito che la pressione diastolica fosse ulteriormente inferiore nell’ottava settimana rispetto alla quarta.

Le differenze risultarono statisticamente significative.

 

Secondo studio

fig.2

Le pressioni sistoliche diminuirono durante il periodo di allenamento della 5 settimana e ritornarono ai valori iniziali durante la 5 settimana di non allenamento (fig. 2). Le pressioni diastoliche mostrarono dei responsi molto simili. I cambiamenti risultarono statisticamente significativi. La procedura di confronti multipli determinò che i valori sistolici e diastolici erano sostanzialmente più bassi nelle settimane 3 – 6, in confronto alla 1“ settimana. Il battito cardiaco non dimostrò cambiamenti significativi in alcun momento dello studio.

 

DISCUSSIONE

Questi due studi mostrano chiaramente che l’allenamento isometrico può abbassare la pressione arteriosa a riposo. L’ampiezza di questi cambiamenti si può mettere a confronto e avere la stessa validità con quelli riportati da altri approcci non farmacologici per la riduzione della pressione arteriosa. Questa riduzione modifica in senso positivo il rischio di mortalità. Ad esempio, nel 1984 Seals e Hagberg analizzarono gli effetti degli esercizi ritmici sulla pressione arteriosa. Allenandosi con la bicicletta per 7 volte alla settimana per una durata di 45′, al 60 – 70% della loro capacità di lavoro, si aveva una diminuzione della pressione sistolica e diastolica di 16 mmHg.

 

Nel nostro studio su soggetti con pressione border-line si valutò la possibilità di vedere l’effetto ipotensivo durante il test, con la precauzione che durante le contrazioni non si provocasse alcun rischio.

La pressione arteriosa registrata vicino alla fine del breve sforzo dimostrò che l’abbassamento desiderato poteva essere raggiunto senza il rischio di un aumento estremamente alto della stessa durante l’esercizio. La dimostrazione dell’effetto ipotensivo in questi soggetti, stabili l’utilità dell’esercizio isometrico sulla regolazione della pressione arteriosa.

 

Il 2° studio, incontrando i soggetti per le misurazioni a riposo e per gli allenamenti sul loro posto di lavoro o in una stanza “neutrale”, comunque lontano dal laboratorio, dimostrò che un impegno in un allenamento giornaliero molto breve, in un regime che non richiede una domanda fisica troppo alta, può abbassare effettivamente la pressione. E’ importante notare che gli effetti ipotensivi di questo esercizio sono reversibili. Questi risultati dimostrano inoltre l’utilità di un regime di allenamento isometrico, che evita i pericoli potenziali dell’aumento drastico della pressione diastolica e sistolica, che vi sono al termine di una lunga contrazione isometrica.

 

Al contrario uno sforzo breve ed interrotto, abbassa il rischio delle elevazioni brusche della pressione raggiungendo un abbassamento della stessa in tempi molto brevi. Hagberg dimostrò che il sollevamento pesi manteneva una riduzione della pressione diastolica che era stata raggiunta durante l’allenamento di resistenza (ritmico) in adolescenti, precedentemente ipertesi.

Inoltre l’allenamento con i pesi, da solo, sembrava abbassare la pressione sistolica anche in un soggetto che non aveva partecipato all’allenamento di resistenza. Questi risultati vennero estesi con un allenamento con i pesi ad una intensità che non cambiò il V02 max.

 

Un allenamento con i pesi produce delle modificazioni favorevoli su alcuni fattori di rischio per le malattie delle coronarie incluso il profilo dei lipidi e la pressione arteriosa. Durante l’allenamento con i pesi vi sono normalmente sia le componenti ritmiche che isometriche e le isometriche sono le più importanti. Un evidenza di un effetto potenziale ipotensivo di un esercizio isometrico, emersa da questi studi preliminari, portarono Tipton a suggerire delle linee di guida per i programmi di esercizio per persone ipertese.

Una rivalutazione della utilità degli esercizi isometrici può iniziare riconoscendo che i meccanismi, tramite i quali l’esercizio ritmico o aerobico abbassa sistematicamente la pressione, devono coinvolgere una o più componenti determinanti la gettata cardiaca o la resistenza periferica totale.

Vi sono alcuni parallelismi tra l’esercizio isometrico e quello ritmico: la pressione arteriosa sistolica aumenta in entrambi, ma durante le contrazioni brevi e ripetute non si presentano rischi cardiovascolari e il limite “fatica” pare molto lontano.

 

Il controllo della pressione è comunque l’effetto di recettori barocettivi che modulano le risposte sisto-diastoliche: pare inoltre che vi possa essere un rapporto tra controllo pressorio e perfusione sanguigna muscolare.

Notevole l’importanza delle resistenze periferiche e delle catecolamine. Mentre il cambiamento delle resistenze periferiche è il meccanismo più probabilmente coinvolto nell’abbassamento della pressione cardiaca non vi e alcun cambiamento finale nella gettata cardiaca.

 

Anche se non vi è alcuna riduzione nel battito cardiaco a riposo, osservato in questi studi, il volume della portata potrebbe aver subito cambiamenti durante l’allenamento (oltre alla gettata cardiaca e alla pressione arteriosa). In conclusione, abbiamo dimostrato che l’allenamento con un regime semplice di contrazioni isometriche brevi aumenta ovviamente la pressione durante lo svolgimento dell’attività fisica, ma rimane di grande importanza il fatto che vi e una concreta riduzione della pressione arteriosa

a riposo per un lasso di tempo dopo l’allenamento.

Questo modello di esercizio apre l’opportunità alla sua applicazione per diventare un metodo non farmacologico per regolare la pressione e i meccanismi fisiologici coinvolti nella regolazione della stessa.

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