Tra la scoperta dell’acido lattico nel 1780 e gli studi sui muscoli di Fletcher e Hopkins nel 1907, nel 1808 Berzelius scopre un’elevata concentrazione di acido lattico nei “muscoli dei cervi cacciati” ovvero portati all’esaurimento…da allora l’acido lattico ha disvelato orizzonti di grande interesse nell’ambito della fisiologia muscolare e tra questi l’ipertrofia muscolare mantiene un ruolo fondamentale…

È noto che l’esercizio di forza è uno dei principali stimolatori delle sintesi proteiche muscolari e della conseguente ipertrofia.
Una pletora di studi sottolinea che questo processo, da un punto di vista meccanicistico, vede nel sistema di signalling cellurare mTORC1-dipendente un contributore di grande importanza sia per gli addentellamenti a monte che rilevano un ampio numero di elementi stimolatori di natura meccanica, umorale e ormonale, sia per quelli a valle che indicano un chiaro effetto della sua stimolazione nel processo di attivazione delle sintesi a partire dalla componente ribosomiale cellulare a sua volta collegabile con il processo di traduzione dell’RNA messaggero.
Il ruolo fondamentale dell’attivazione di mTORC1 nelle sintesi indotte da esercizio fisico è ben chiaro, ma i precisi eventi molecolari che portano alla sua attivazione dopo l’esercizio di resistenza sono in parte sconosciuti. Alcuni studi, molto affascinanti, affrontano il tema della meccanotrasduzione ovvero della modalità con la quale lo stress meccanico applicato al muscolo si traduca nel processo di attivazione dei sistemi di signalling attraverso diversi mediatori.

É importante sottolineare che i protocolli di esercizio di forza a basso carico che inducono significative perturbazioni metaboliche, come le ripetizioni eseguite ad esaurimento o l’aggiunta di una parziale occlusione del flusso sanguigno muscolare, attivano mTORC1, le sintesi e l’ipertrofia in maniera assai significativa (Yoshikawa et al., 2019).
In questi casi si ipotizza che l’applicazione di un basso carico ad alto volume eserciti la sua funzione anabolica attraverso una azione locale derivante dall’accumulo di sostanze metabolicamente attive con azione diretta o indiretta sulle vie di signalling intracellulari.

Studi recenti dimostrano che un grande numero di molecole biologicamente attive, le cosiddette miochine, viene rilasciato dalle cellule muscolari scheletriche a riposo durante la contrazione (So et al., 2014). In questo contesto, il lattato, il prodotto finale della glicolisi, è un metabolita di particolare interesse.

Notoriamente l’esercizio di forza, specie ad alta intensità, è seguito dal rilascio muscolare di lattato e questo è seguito da un processo di ricaptazione con riutilizzo a fini energetici. Negli ultimi decenni, abbiamo superato il concetto secondo il quale il lattato sia esclusivamente un prodotto di scarto che induce fatica ma un fondamentale substrato metabolico (Brooks 2018) e gli studi hanno iniziato a dimostrare che questo ha proprietà di signalling cellulare anabolico nel muscolo scheletrico e in altri tessuti.
Già nel 1964 Green e Goldberg dimostrarono che l’incubazione di fibroblasti con livelli crescenti di lattato stimolava la sintesi di collagene. Quasi 40 anni dopo, quell’osservazione ha ricevuto supporto meccanicistico nei macrofagi e nei modelli di ferita, in cui è stato dimostrato che il trattamento con lattato stimola l’espressione del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (Constant et al., 2000; Trabold et al., 2003).
Oltre a queste acquisizioni, che aprono prospettive molto interessanti sul ruolo del lattato a livello muscolare ed extramuscolare, è ormai assodato che un aumento dei livelli di lattato può rappresentare qualcosa di diverso rispetto alla scarsa disponibilità di ossigeno nel muscolo e che le condizioni ipossiche non sono l’unica causa del suo accumulo a livello intra ed extracellulare.
Nel 1968, i ricercatori Stansby e Jöbsis dimostrano che all’inizio della contrazione muscolare il NADH mitocondriale si è ossidato (NAD+) insieme a livelli elevati di lattato e questo ha suggerito che una sua produzione possa essere contestuale alla presenza di ossigeno per la fosforilazione ossidativa.
Alcuni altri studi hanno dimostrato che il lattato si possa accumulare all’interno delle fibre ad ossidazione lenta (tipo I) durante condizioni completamente aerobiche (Connett et al. 1983, 1984). I dati attualmente disponibili identificano nell’attivazione delle cellule satelliti e di varie vie di signalling anabolico i principali contributori dell’effetto ipertrofico del lattato. Mancano però certezze circa gli esatti meccanismi con cui questa azione si svolge E’ assai probabile che il processo di proliferazione e differenziazione delle cellule satellite, l’attivazione della via mTORC1-IGF1 e la fosforilazione di p70S6K e 4EBP1 nonché un aumento dell’inibitore di miostatina Fst possano rappresentare i target principali (Lawson et al 2022).

 

Giuseppe D’Antona, CRIAMS Sport Medicine Centre Voghera, University of Pavia



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