Movimento è gioia

movimento

Riviste di divulgazione scientifica ed altre dedicate ai problemi della salute ci lanciano sempre più frequentemente messaggi del genere: “Muoversi per vivere di più”, “Il movimento fa bene al cuore”, “Ora che abbiamo dato più anni alla vita, diamo più vita agli anni”.

Tutti questi slogan hanno, come obiettivo finale, l`efficienza che si configura nell’insieme di quelle cose che si devono fare per essere forti, belli, produttivi, efficienti …. .. insomma per essere “più”. Da parte sua il neurofisiologo italiano Alberto Oliverio afferma: “La felicità sgorga anche dai muscoli”.

 

Gli oppiati prodotti dal movimento del corpo intervengono in tutto ciò che sviluppa energia, dal semplice muoversi quotidiano fino agli stati che producono dolore e stress, ma anche nel riso e nel pianto, nella gioia e nella tristezza, nella paura e nella collera, nella nostalgia e nella progettualità. La prova palmare della straordinaria funzione delle endorfine si rileva, ad esempio, nell’euforia del maratoneta, che è un fenomeno di autentico benessere provato a seguito di un esercizio fisico rigoroso.

 

E’ noto il caso del maratoneta Don Paul che nel 1979 si piazzo al 10° posto alla maratona di San Francisco, nonostante la frattura del malleolo prodotta dell’eccessivo sforzo.

Molti sono comunque i cambiamenti che avvengono in un organismo durante un movimento vigoroso: assieme all’aumento delle endorfine si nota un aumento degli zuccheri e di adrenalina; il metabolismo biochimico si modifica per sostenere lo sforzo, e la funzione cardiorespiratoria subisce modifiche molto evidenti.

 

Studi di cinematica hanno dimostrato che la motilità e significativamente ridotta nei soggetti depressi. L’osservazione posturale ha evidenziato altresì che la respirazione è molto ridotta in soggetti che soffrono questo disturbo. La riduzione della dinamica respiratoria incide pertanto sui processi biologici fondamentali del corpo e produce una diminuzione della reattività emozionale. lgnorando per un momento i fattori psichici di questo disturbo, resta il fatto che qualsiasi procedura che stimoli il movimento e la respirazione può portare la persona al di là di questa condizione depressiva.

Usando tecniche bioenergetiche opportune è spesso possibile produrre un rapido e duraturo miglioramento di tali funzioni fondamentali. Il risultato è spesso sorprendente, soprattutto in quei soggetti che non si rendono conto che ciò che essi interpretano come un disturbo della mente è invece intimamente e direttamente connesso al movimento del corpo. Un acuto medico inglese, il dott. Williams, usava praticare la cura della depressione, all’inizio del secolo scorso a Londra, con un metodo intuitivo, ma molto efficace.

 

Quando un depresso lo consultava, egli lo invitava a recarsi da un certo collega in Scozia, famoso per la sua abilità nel curare il disturbo. Il paziente, obbedendo, si recava fino in Scozia, dove scopriva che questo specialista molto esperto non esisteva.

Dopo l’infruttuosa ricerca, il paziente ritornava dal dott. Williams piuttosto infuriato per essere stato preso in giro. Ma intanto la cura della depressione del paziente era già cominciata facendolo reagire e facendo affiorare in lui il sentimento della collera. Oggi compaiono, sempre più numerosi, articoli scientifici che sostengono e avvalorano l’importanza dell’esercizio fisico regolare per alleviare l’ansia e risolvere la depressione. Anche la corsa e stata usata con successo per stroncare un attacco di panico.

 

Addirittura una crisi epilettica può essere prevenuta da una adeguata attivazione corporea all’insorgere dell’aura, il sintomo premonitore che precede l’accesso convulsivo, in quanto l’attività fisica cattura alcune scariche elettrice neuronali, che se lasciate libere scatenano la crisi. Cionondimeno può succedere anche il contrario quando lo stress fisico e psichico, l’iperventilazione, l’ipossia e la ipoglicemia, attivando un focolaio epilettogeno scatenano la crisi.

Partendo da questa ultima considerazione vorrei accennare al fenomeno, che colpisce, quella categoria di persone per le quali e stato coniato il termine di “dipendenti dall’esercizio fisico”. Si tratterebbe di una specie che accusa sintomi psichici simili ad altri stati di dipendenza. Essi, infatti, in caso di “astinenza”, presentano uno stato di disforia successiva all’interruzione del programma di allenamento.

 

La grandezza di un atleta è rappresentata, tuttavia, dall’equilibrio fra prestanza fisica e forza emotiva. Questo equilibrio costituisce la struttura portante di un organismo forte, sano e maturo, che non può far logicamente dipendere il suo benessere solo dall’esercizio fisico.

La palestra non può, quindi, essere intesa solamente come un luogo per conquistare una efficienza fisica, ma come un laboratorio di ricerca di quell’equilibrio e integrazione fra il corpo e la mente, fra la prestanza fisica e la forza dei sentimenti, allo stesso modo in cui nella antica Grecia veniva intesa la realizzazione di un’opera d`arte o il compimento di un impresa, che si traduce nella ricerca di una via per un`estetica dell’esistenza.

 

GLI ESERCIZI DEL BENESSERE

Dopo aver eseguito una trentina di salti alla corda assumere, a piacere, una delle posture rappresentate. Ciascuna postura deve essere mantenuta per almeno cinque-dieci minuti. Le posture più stressanti (la 1° e la 4°) possono essere abbandonate per alcuni secondi senza perdere la posizione base e ripristinare la postura iniziale che, se mantenuta correttamente, porta ad uno stato vibratorio del corpo che procura uno stato di benessere dovuto alla integrazione delle due componenti della persona: il movimento e l’emozione.

 

Posizione 1

1

Stazione eretta, piante dei piedi paralleli lungo la linea delle spalle, ginocchia semiflesse, bacino in antiversione, braccia tese in avanti e mani a pugno.

 

 Posizione 2

2

Piante dei piedi parallele alla stessa distanza delle spalle, ginocchia semiflesse, colonna piegata in avanti, capo abbandonato, le punte delle dita fanno da sostegno minimo.

 

Posizione 3

3

A terra sul dorso, piante dei piedi a terra parallele, ginocchia piegate, bacino sollevato di alcuni centimetri da terra e abbandonato, mani sulla propria pancia.

 

Posizione 4

4

A terra sul dorso, arti inferiori portati in alto, ginocchia semiflesse, piante dei piedi possibilmente parallele al piano terreno.
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