Sudare è perdere acqua corporea e l’importanza di una buona idratazione corporea è oramai un fatto assodato sia nel contesto della salute, estetico o prestativo. L’acqua corporea totale nell’adulto dovrebbe essere maggiore del 50% del peso totale con un “ideale” del 55% nella donna e del 60% nell’uomo. La quantità maggiore dell’acqua totale corporea è nella parte magra del corpo, circa il 73%. L’utilità dell’acqua corporea è ascrivibile a situazioni come l’umidità di bocca, occhi e naso, protezione di organi e tessuti corporei, prevenzione della stipsi, aiutare a scogliere e dissolvere i minerali e gli altri nutrienti per renderli disponibili al corpo, regolare la temperatura corporea, lubrificare le articolazioni, “pulire” i reni, trasportare i nutrienti e l’ossigeno alle cellule. D’altro canto un’idratazione non buona può generare situazioni come cattiva digestione, gonfiore, ritenzione idrica, problemi intestinali in risposta all’assunzione d’acqua, stipsi, urina di colore scuro e di scarsa quantità, pelle poco elastica o arida, irritabilità, stanchezza mentale e fisica. Anche espressioni come “Non ho mai sete”, possono essere un sintomo di cattiva distribuzione idrica, spesso indotta da cattive abitudini nutrizionali. Con l’andare degli anni, se si perde parte magra (massa muscolo scheletrica), si ha una perdita di acqua totale e questo porta anche ai fenomeni tipici dell’invecchiamento come perdita di forza, potenza, pelle secca, ecc.
La tabella 1 fornisce un’indicazione fisiologica riguardo all’idratazione. Abbiamo detto che la massa magra, in un soggetto “in fisiologia”, ha un contenuto di acqua di circa il 73%. L’adipocita ha un contenuto di acqua di circa il 12-14%. La donna, rispetto all’uomo, ha mediamente meno acqua perché ha più grasso e meno muscolo, il bambino ha meno muscolo, così come l’anziano. L’obeso ha maggiore quantità di massa grassa. Lavorare per l’ipertrofia muscolare consentirà, tra i vari benefici, anche al mantenimento di un miglior equilibrio idrico.
Significativa la tabella 3 riguardo alla perdita quantitativa e qualitativa di peso in soggetti a regime calorico di circa 800 Kcal giornaliere, decisamente ipocalorica. Del peso, perso più del 50% a carico dell’acqua corporea a un regime alimentare ipocalorico al limite con la malnutrizione. 800 Kcal al giorno = 1 fetta di torta, 1 panino con la bresaola, 1 piatto di pasta abbondante al sugo … Cerchiamo di chiarire la differenza tra sudore, grasso sottocutaneo e viscerale.
IL SUDORE: È formato da acqua ed elettroliti ed è prodotto dalle ghiandole sudoripare disposte nello strato sottocutaneo in modo più abbondante in alcune zone del corpo rispetto ad altre (circa tre milioni di minuscole ghiandole disperse su tutta la nostra superficie corporea). La funzione è di impedire l’aumento della temperatura corporea quando ad esempio clima o febbre rischierebbero di portare a un eccessivo surriscaldamento. Nella realtà, però, ciò che fa abbassare la temperatura non è il sudore in se stesso ma la sua evaporazione e questo è uno dei motivi per cui, per facilitare la perdita di calore, occorre essere in un ambiente a basso livello di umidità. Se ad esempio l’ambiente esterno è molto umido (allenarsi con i vetri appannati o molto coperti) e quindi già saturo di acqua, l’evaporazione del sudore sarà molto più lenta. Molte persone, purtroppo, abbindolate da messaggi distorti e inqualificabili dati da aziende prive di scrupoli, abbinano la perdita di liquidi a qualcosa di positivo. A questi meri personaggi con zero scrupoli occorrerebbe insegnare che il sudore, essendo acqua, ha un suo peso e, se ne produciamo tanto (con l’esercizio fisico o in condizioni di grande calore) si possono perdere anche due chili di peso non quantificabili con la perdita di grasso ma di liquidi con relativo pericolo per la salute. Non si tratta di dimagrimento ma di disidratazione. Qualsiasi stato di disidratazione danneggia le funzioni fisiologiche e i processi di termoregolazione contribuendo a un maggior incremento della frequenza cardiaca, e alla comparsa prematura della fatica, rispetto a quanto si verifica in condizioni di normale idratazione. Quando la carenza sale al 2% si altera la termoregolazione, si riduce il volume del plasma e comincia il senso di sete. Con circa il 5% di manifestano crampi, spossatezza, maggiore irritabilità, mentre intorno al 7% si può avere un malessere generale, una grave debolezza e persino allucinazioni. Raggiungendo il 10% si rischia il colpo di calore ed è in pericolo la stessa sopravvivenza. Uno stato persistente di disidratazione compromette sia le capacità fisiche sia quelle psichiche. La perdita di liquidi determina un aumento dello stimolo della sete che, per fortuna, nel giro di poche ore, porta le persone a bere in proporzione alle perdite e quindi a recuperare il peso. Se il sudore avesse a che fare con il grasso, a fine allenamento si dovrebbe stare attenti a non scivolare sulla patina oleosa fuoruscita non si sa da dove! Sudare per eliminare le tossine è altrettanto discutibile essendo veramente minima la quota “tossica” che fuoriesce attraverso i pori. L’attività fisica aiuta a eliminare le tossine aumentando la circolazione del fluido linfatico e del sangue, ma queste non sono eliminate dal sudore ma dai linfonodi e dai reni. Se di tossine si tratta, la loro percentuale è infinitesimale rispetto al lavoro che stanno facendo gli organi interni. Il sudore è formato principalmente da acqua, sodio, cloro, potassio, magnesio con modeste quantità di rame, ferro, vitamine, ormoni, urea, creatinina, aminoacidi, acido lattico, glucosio.
sudore il contenuto di sodio è di circa tre grammi. Perdendo liquidi (sudore) i minerali rimangono più “densi”. Sudo molto e bevo acqua senza sodio; il sangue si diluisce velocemente, i recettori e gli ormoni leggeranno questo come segnale di pericolo. Pochi minerali e molta acqua? Tutti in bagno a fare pipì! Risultato: maggiore disidratazione generale del corpo, zone allenate “infiammate” come reazione naturale, spostamento dei liquidi nelle zone stressate. Disidratazione generale e ritenzione idrica locale!
TESSUTO ADIPOSO SOTTOCUTANEO
Detto anche tessuto sottocutaneo, pannicolo adiposo, ipoderma o semplicemente grasso sottocutaneo, è situato tra il derma e la fascia muscolare. Lo spessore medio varia da 0,5 a 2 cm in rapporto all’età, razza, sesso, regione corporea, “ingrassamento”. La sua funzione è di ammortizzazione e di sostegno, fondamentale nella termoregolazione oltre che fornire una grande riserva energetica. La quantità totale (contenuto energetico) di grasso presente nell’organismo di un uomo medio di 70 kg è di circa 14 kg (20% di massa grassa). L’energia potenziale immagazzinata sotto questa forma è quindi di circa 126,000 Kcal (trigliceridi degli adipociti e intramuscolari oltre che acidi grassi circolanti nel plasma). La riserva energetica immagazzinata mediamente sotto forma di carboidrati (glicogeno/glucosio) è invece molto limitata: circa 2000 kcal (circa 18 grammi di glicogeno per Kg di massa muscolare).
ADIPOCITA
L’adipocita ha forma circolare o poliedrica e ha un diametro variabile da cinquanta a 150 micron. È in contatto con numerosi capillari per cui gli scambi sono molto attivi. È inoltre avvolto da una rete di fibrille reticolari molto sottili. Il vacuolo ha un contenuto lipidico rappresentato per il 98% da trigliceridi e per il 2% da monogliceridi, digliceridi, colesterolo e fosfolipidi. L’adipocita deriva da una cellula mesenchimale fibroblasto-simile definita lipoblasto o preadipocita. Il lipoblasto comincia gradualmente ad accumulare lipidi sotto forma di molteplici piccole gocce lipidiche che, gradualmente, confluiscono a formare un’unica goccia lipidica centrale (vacuolo) che spinge verso la periferia il nucleo. L’adipocita, nel normale grasso bianco, contiene al suo interno un vacuolo di grosse dimensioni che costringe alla periferia il nucleo facendogli assumere una forma appiattita e incavata. È possibile rinvenire, specie in sede interscapolare, residui del grasso bruno tipico degli animali ibernanti, costituito da cellule con nucleo centrale e numerosi vacuoli lipidici. Il grasso bruno è presente soprattutto negli animali ibernanti e nell’uomo solo nelle prime settimane di vita e si caratterizza per la sua colorazione dovuta alla presenza di una proteina, la termogenina, localizzata a livello delle creste mitocondriali e responsabile della produzione di calore invece che di ATP. Il grasso bruno (tessuto adiposo marrone) è sviluppato tardi nel corso dell’evoluzione, in parallelo allo sviluppo dell’omeotermia. Nei neonati arriva a costituire il 5% del peso corporeo e diminuisce con l’età
Il freddo porta ad una stimolazione simpatica del grasso bruno grazie al legame della noradrenalina con i recettori beta-adrenergici. Sia gli adipociti sia i vasi sanguigni del tessuto adiposo presentano terminazioni nervose di tipo adrenergico (catecolamine). L’attività muscolare, esposizione al freddo le stress determina rapida mobilizzazione degli acidi grassi da stimoli simpatico- adrenergici.
DEPOSITO e MOBILIZZAZIONE DEL GRASSO CORPOREO
Liposintesi – Lipolisi
Il tessuto adiposo in passato era erroneamente considerato inerte e “solo un deposito di grasso” mentre oggi è nobilitato a tessuto biochimicamente connesso con il metabolismo generale e con quello energetico in particolare, organo neuroendocrino a tutti gli effetti. Il metabolismo del tessuto adiposo, con risposta alle esigenze energetiche dell’organismo, è regolato tramite la liposintesi e la lipolisi, ormoni e sostanze prodotte dall’adipocita e da altri organi e tessuti che sono coinvolti nel metabolismo lipidico, nella regolazione dell’appetito e nel controllo del peso corporeo come: leptina, adiponectina, resistina, interleuchina e TNFA (adipocita); grelina e obestatina (stomaco); melanocortina (pelle); peptide yy3-36 (intestino); sirtuina (vari).
L’iposensibilità Distrettuale: la regione trocanterica (parte esterna e alta delle cosce) e la regione glutea, rispetto al grasso viscerale o a quello sottocutaneo ha una risposta diversa agli stimoli liposintetici e lipolitici. Sull’adipocita ci sono recettori “beta” e “alfa” (sensibili agli ormoni, soprattutto alle catecolamine). La distribuzione dei recettori alfa e beta varia secondo le regioni
del corpo.
Beta Recettori = Lipolisi = Maggior Utilizzo. Presenti soprattutto negli adipociti del grasso sottocutaneo nella parte alta del corpo delle donne e negli adipociti dell’uomo nella zona inferiore del corpo.
Alfa Recettori = Liposintesi = Minor Utilizzo, Bloccano Il Rilascio. Presenti negli adipociti del grasso “sesso-specifico” delle donne: zona gluteo-femorale e trocanterica (fianchi, glutei, parte alta delle cosce). I beta-recettori nella regione trocanterica e glutea sono inferiori rispetto alla regione addominale, o in genere rispetto a quelli della regione superiore del corpo. A livello “esterno coscia e glutei” avremo un maggior freno lipolitico attuato dagli alfa-recettori e una minore attività lipolitica data dalla scarsa presenza dei beta-recettori.
La LIPOLISI (“uscita”) è promossa da HSL o HPL Lipasi Ormone-Sensibile (Hormone Sensitive Lipase) (trigliceride-lipasi) mentre la LIPOSINTESI (“entrata”) è promossa da LPL Lipoprotein-Lipasi (Lipo-Lipasi) (Lipasi Lipoproteica Extraepatica). La lipasi ormonosensibile (HPL o HSL) è responsabile della scissione idrolitica dei trigliceridi adipocitari in acidi grassi e glicerolo. Gli acidi grassi attivati (Acil-coA) possono essere ossidati o utilizzati per la biosintesi dei trigliceridi. La lipasi ormonosensibile (trigliceride-lipasi) scinde i trigliceridi adipocitari e li immette nel torrente circolatorio. Situata nell’adipocita è detta anche lipasi intradipocitaria. L’attivazione della lipasi intradipocitaria è stimolata normalmente a livello sistemico dagli ormoni lipolitici come quelli tiroidei (FT3, FT4), Growth Hormone (GH), catecolamine (adrenalina e noradrenalina) e dall’esercizio.
Lipolisi = “Esce” Il Grasso Dall’adipocita
Liposintesi: “Entra” Grasso Nell’adipocita
La Lipasi Lipoproteica (LPL) (Lipoprotein-Lipasi) è localizzata sulla superficie endoteliale dei capillari del tessuto adiposo, muscolare scheletrico e miocardico oltre che della ghiandola mammaria (detta anche lipo-lipasi). Studi dimostrano come la regione di fianchi e cosce è regolata dagli ormoni femminili (estrogeni). L’accumulo è facile e il consumo difficile per maggior attività della LPL. Nonostante le scarse evidenze scientifiche, è stato notato che nelle donne il deposito degli acidi grassi alimentari derivanti dal pasto aumenta in proporzione alla massa del tessuto adiposo sottocutaneo nelle zone inferiori, mentre non è stata osservata alcuna associazione tra il relativo deposito lipidico nel tessuto adiposo sottocutaneo addominale e l’adiposità. Con l’incremento dell’adiposità e mantenendo la capacità di depositare acidi grassi nel tessuto adiposo nella zona gluteo-femorale ma non nei depositi addominali, si promuove nelle donne lo sviluppo del fenotipo costituzionale ginoide, caratterizzato appunto dalla predisposizione all’accumulo nelle zone inferiori. Al contrario, gli uomini presentano tendenzialmente una maggiore capacità di assimilazione di acidi grassi da parte del tessuto sottocutaneo addominale rispetto alle zone gluteo-femorali.
Attività Lipoproteinlipasica.Gli ormoni sessuali femminili stimolano la rapida produzione della lipoproteinlipasi per ingrassare sui fianchi sia prima sia durante la gravidanza. L’attività liposintetica di cosce e fianchi aumenta notevolmente negli ultimi mesi di gravidanza. Nella fase di allattamento la situazione si modifica, tanto che il tessuto adiposo di cosce/glutei diviene sensibile all’effetto lipolitico delle catecolamine in modo superiore al tessuto adiposo di altri distretti. Risultato: facilitata mobilizzazione di acidi grassi, utilizzati dalla ghiandola mammaria. E’ evidente l’importanza e la funzione del grasso in sede trocanterica (cosce/glutei) come deposito di energia a fini riproduttivi/evolutivi. Secondo diversi autori c’è un netto rapporto tra liposintesi, lipolisi e alterazione circolatoria. Uno scarso afflusso microcircolatorio coincide con la liposintesi e un maggior afflusso circolatorio favorisce la lipolisi.
Anche il tessuto adiposo sottocutaneo addominale può essere una tipica zona di accumulo, che non è da confondere con il tessuto ADIPOSO VISCERALE, riguardante il deposito lipidico addominale profondo, situato tra organi interni. Ciò nonostante, anche il grasso sottocutaneo addominale è connesso con il grasso viscerale e alle patologie a esso connesse come l’insulinoresistenza. È stato dimostrato che il tessuto adiposo sottocutaneo è la maggiore fonte di acidi grassi liberi (FFA) circolanti, e contribuisce al rilascio nel sangue di più dell’85% degli FFA. Al contrario del grasso viscerale, che in condizioni normali contribuisce al rilascio di solo il 5-10% dei FFA. Rispetto al grasso viscerale, il grasso sottocutaneo è più sensibile all’azione lipogenetica (accumulo di grasso) dell’insulina, (ormone responsabile dell’accumulo di grassi nel tessuto adiposo). Questo significa che l’attività dell’insulina (prevalentemente per risposta all’ingestione di carboidrati) sopprime maggiormente il rilascio di grassi (lipolisi) nel tessuto adiposo sottocutaneo. La lipolisi è il processo metabolico che prevede il catabolismo o la mobilizzazione dei grassi depositati, i trigliceridi, che vengono scissi a tre molecole di acidi grassi e una di glicerolo e immessi nel torrente sanguigno. È stato osservato che l’insulina sopprime la lipolisi, per circa la metà nel tessuto adiposo viscerale rispetto ai depositi sottocutanei delle regioni inferiori. In altri termini il grasso viscerale è più facilmente soggetto al rilascio di acidi grassi nel sangue rispetto a quello sottocutaneo perché meno sensibile all’attività insulinica. Tale osservazione coincide col fatto che i depositi di grasso viscerale hanno il maggiore tasso di ricambio. I depositi di grasso sottocutaneo
a livello addominale (posto più superficialmente rispetto a quello viscerale) hanno un tasso intermedio, mentre i depositi sottocutanei nella zona gluteo-femorale subiscono un ricambio relativamente più lento. Un altro motivo per cui il grasso sottocutaneo è meno soggetto al ricambio e al rilascio o mobilizzazione di acidi grassi, è la minore sensibilità alle catecolammine se comparato al grasso viscerale. La catecolammine, essenzialmente rappresentate da adrenalina e noradrenalina, sono associate al processo della lipolisi. Per la precisione, in linea con i punti precedenti, la lipolisi degli adipociti a livello viscerale è più sensibile alla stimolazione β-adrenergica delle catecolammine se comparata agli adipociti sottocutanei addominali, che a loro volta sono più sensibili all’effetto lipolitico delle catecolammine rispetto alle cellule adipose sottocutanee situate nelle regioni inferiori. Un’eccessiva presenza di grasso viscerale è direttamente proporzionale alla circonferenza addominale; il già citato rischio cardiovascolare assume una notevole rilevanza quando si arriva alla soglia della circonferenza ombelicale, valore che per i soggetti di sesso maschile corrisponde a 102 cm, mentre per le donne è di 88 cm. La correlazione fra un’eccessiva quota di grasso viscerale e la presenza di diabete di tipo due è spiegata con il notevole flusso di acidi grassi che provengono dagli adipociti presenti a livello addominale e che si dirigono verso il fegato; tale flusso, oltre ad aumentare la produzione delle lipoproteine a bassissima densità (le cosiddette VLDL, Very Low Density Lipoprotein) che in seguito sono trasformate in LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) favorisce la gluconeogenesi e diminuisce la clearance epatica dell’insulina
con l’ovvia conseguenza di un aumento di quest’ultima in circolo. Il grasso viscerale non sintetizza e secerne soltanto acidi grassi, ma anche altre sostanze (adipochine) come, per esempio, l’IL-6 (interleuchina-6), che a livello del fegato promuove la gluconeogenesi e la secrezione dei trigliceridi con conseguente iperinsulinemia compensatoria. La notevole presenza in circolo di acidi grassi in forma libera (non sono cioè legati ad altre molecole) crea una sorta di competizione con il glucosio per l’entrata nelle cellule; ciò provoca un innalzamento dei livelli di glicemia; a tale innalzamento l’organo pancreatico reagisce incrementando il rilascio insulinico. Si è venuta a creare quindi, una situazione in cui si ha un contributo iperinsulinemico globale; ciononostante i livelli di glicemia permangono elevati. Ci troviamo pertanto nella cosiddetta insulino-resistenza; ovvero una condizione caratterizzata da una bassa sensibilità delle cellule all’azione dell’insulina. Com’è noto, l’iperinsulinemia e l’insulino-resistenza sono fra i principali fattori responsabili delle alterazioni metaboliche del glucosio (alterazione della glicemia a digiuno, ridotta tolleranza al glucosio e diabete). Le alterazioni metaboliche del glucosio, unite a quelle lipidiche, spiegano perché il rischio cardiovascolare di un soggetto con notevole presenza di grasso viscerale è superiore
a quello di un soggetto che rientra nei corretti limiti ponderali. Come personal trainer abbiamo la possibilità di modificare le abitudini alimentari, reidratare e far perdere grasso viscerale ai nostri clienti, dando salute oltre che estetica. Ma riguardo a come fare… analizzare il cliente in modo oggettivo. Dimentichiamo i metodi e applichiamo le scienze esatte. Controlliamo il cliente nel tempo.
Autore: Claudio Suardi
Tags: allenamento, attività, dimagrimento, grasso, idratazione, lipolisi, liposintesi, peso, sudore